L’assenza è un macigno. Quando muore una persona cara si
crea un piccolo strappo nel cuore, mentre sul petto si appoggia un grande peso,
spesso superiore alle nostre forze. A volte, proprio insostenibile. Siamo
schiacciati dalla perdita e a nulla servono le frasi “vedrai, col tempo…”. No,
il tempo non cura nulla, il tempo anestetizza i sintomi, ma lo strappo nel
cuore rimane aperto, vivo.
Da quella ferita è possibile vedere il ribollire della nostra coscienza, strapazzata dai rimorsi e dai rimpianti. Per quel giorno che non sono stato abbastanza presente, per quella sera che mi è scappata una parola cattiva che non pensavo, per tutto quello che avrei potuto fare e non ho fatto. Non ho fatto in tempo, perché il tempo all’improvviso ha iniziato a correre, molto più veloce del solito, e “sorella morte” ti ha portato via. Non sono riuscito a vederla, non sono riuscito a fermarla, non ho potuto tenerla fuori dalla tua stanza. Non sono arrivato in tempo.
È con questo carico di pensieri che si passa davanti al cimitero, e spesso è proprio questo carico di pensieri che blocca, che ci impedisce di entrarvi.
Da quella ferita è possibile vedere il ribollire della nostra coscienza, strapazzata dai rimorsi e dai rimpianti. Per quel giorno che non sono stato abbastanza presente, per quella sera che mi è scappata una parola cattiva che non pensavo, per tutto quello che avrei potuto fare e non ho fatto. Non ho fatto in tempo, perché il tempo all’improvviso ha iniziato a correre, molto più veloce del solito, e “sorella morte” ti ha portato via. Non sono riuscito a vederla, non sono riuscito a fermarla, non ho potuto tenerla fuori dalla tua stanza. Non sono arrivato in tempo.
È con questo carico di pensieri che si passa davanti al cimitero, e spesso è proprio questo carico di pensieri che blocca, che ci impedisce di entrarvi.