«(…) Nessuno può sentirsi escluso dalle implicazioni che la
storia del signor Lambert ha per ciascuno di noi, i nostri genitori e i nostri
figli, le generazioni future e la società e la cultura che prepariamo per loro.
Anzitutto, il riconoscimento – anche da parte dell’autorevole Comitato delle
Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità che ha accolto ed
esaminerà l’istanza dei genitori di Vincent di non provocarne intenzionalmente
il decesso – che egli è un “disabile”, gravemente cerebroleso ma pur sempre un
portatore di handicap, non un paziente nella fase “terminale” della sua
malattia, né un morente in stato di agonia o pre-agonia.
Il signor Lambert è
vivo senz’ombra di dubbio clinico, a pieno titolo come lo siamo noi, un
disabile o un anziano non autosufficiente. Non è possibile dichiararlo morto
con il criterio cardiocircolatorio-respiratorio (respira senza assistenza
ventilatoria e ha un battito cardiaco spontaneo) e neppure con quello
neurologico (non è in stato di “morte cerebrale”).
Si può solo farlo morire intenzionalmente attraverso un atto di eutanasia omissiva, sospendendo l’idratazione e la nutrizione necessarie alle sue funzioni fisiologiche essenziali (come alle nostre) dopo averlo sedato in modo profondo perché non abbia coscienza di quanto gli viene fatto e non soffra per la disidratazione e l’inanizione. (…)
Si può solo farlo morire intenzionalmente attraverso un atto di eutanasia omissiva, sospendendo l’idratazione e la nutrizione necessarie alle sue funzioni fisiologiche essenziali (come alle nostre) dopo averlo sedato in modo profondo perché non abbia coscienza di quanto gli viene fatto e non soffra per la disidratazione e l’inanizione. (…)