Negli ultimi tempi fatico a leggere i nostri
quotidiani. Da sempre sono stato abituato a sfogliare ogni giorno queste pagine
dal profumo intenso di mondo, eppure oggi non trovo più quel profumo, un po’
forte forse, ma vero. A leggere alcune interviste, alcuni commenti, ci si
chiede: “Ma dov’è la verità? Dov’è la voce del giornalista che chiede conto di
quanto viene detto? Dov’è il dato di realtà con il quale dovrebbe confrontarsi
questo discorso?”
Spesso, troppo spesso, diviene riconoscibile un filo rosso
che lega le strade percorse da alcuni rami dell’informazione. Un filo che porta
verso il pensiero unico, dimenticando la sua vocazione originaria: raccontare
la verità, rendere consapevoli, dare la libertà. Sì, perché non c’è libertà
senza verità e consapevolezza. Non possiamo dirci liberi se le parole con le
quali ci viene raccontato il mondo sono false, tendenziose, se sono distorte
con noncuranza, travolgendo la realtà empirica con la forza della menzogna. E’
un gioco ingiusto e pericoloso, rafforzato dal “sentito dire”, dai virgolettati
non citati, da tutto quel magma vorticoso che popola i social network. E’ il
gioco del telefono senza fili, solo che qui si gioca con la realtà, e alla fine
del gioco siamo spesso guidati da giocatori invisibili.
Ai bambini racconto questo pericolo facendomi aiutare dalla magia delle
favole in “Gino e la Vecchia Consigliera”: chi racconta le bugie non si
presenta con la scritta “bugiardo” sulla fronte, anzi, appare come la fonte
migliore della verità!
Quindi leggiamo variando le nostre fonti, leggiamo tanto, anche locale, perché ciò
che accade nella nostra comunità è lo specchio di ciò che accade nei piani più
alti dei palazzi di potere. Che non sono più, e da molto, solo quelli della
politica.