mercoledì 15 aprile 2020

Messa senza fedeli: l'obbedienza ha ancora senso?

«I sacerdoti che hanno trovato il coraggio di fare questo, anche andando formalmente contro le disposizioni dei propri vescovi, sono più pienamente obbedienti di quanti si sono invece fermati alla lettera». Così scrive Luisella Scrosati sulla Nuova Bussola Quotidiana oggi. 

Si parla di Messe al tempo del coronavirus, un tema dibattuto e sofferto, se pensiamo che in Lombardia le Messe sono celebrate a porte chiuse dal 23 febbraio scorso. Il motore dell’articolo è: «Celebrare la Messa in questo tempo è un atto di obbedienza piena». A supporto della tesi si porta l’epicheia, o equità, virtù fondamentale per aderire sempre alla volontà di Dio. 

Un articolo approfondito e indubbiamente preciso, che dimentica però alcuni elementi chiave: le Messe non sono state vietate, le Messe continuano ad essere celebrate a porte chiuse, si sono moltiplicati gli appuntamenti televisivi e online per potervi partecipare spiritualmente (con inattesi riscontri auditel), la decisione di sospendere le Messe con concorso di popolo è arrivata dalla collaborazione fra autorità civili e religiose

L'altare pronto per la celebrazione ma la Chiesa è vuota per coronavirus

Il vescovo di Pavia Corrado Sanguineti ha preso carta e penna e ha scritto più volte alla sua diocesi durante questa emergenza, motivando con chiarezza le decisioni della Conferenza episcopale lombarda, e condividendo il dolore dei fedeli privati della partecipazione fisica alla Santa Messa. 

È proprio dal 23 febbraio che su questo blog viene dato un aggiornamento quasi quotidiano delle disposizioni in tema di covid19 e fede, ma è il caso di riprendere ancora una volta le parole di mons. Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia: «Perché nessuno di noi, Pastori del Popolo di Dio, può assumersi la responsabilità di una possibile diffusione del contagio, pur in presenza di tante precauzioni che abbiamo raccomandato. Non si tratta soltanto di difendere noi stessi (molti martiri hanno affrontato anche la morte pur di accedere alla celebrazione eucaristica e alla Comunione). Dobbiamo assumerci la responsabilità di ridurre al minimo le occasioni di contagio». 

Non si tratta insomma di cedere il passo di fronte ad autorità civili che agiscono in odium fidei, anzi: quanti sindaci hanno partecipato, in rappresentanza dei loro cittadini, alle Messe? Pensiamo solo a Pavia, a Verona, a Venezia. Una collaborazione stretta, continua, quella fra vescovi e sindaci, fra vescovi e prefetti, che ha dimostrato la lungimiranza dei vescovi lombardi (la decisione è stata presa quando i numeri del contagio erano lontani anni luce da quelli di oggi), e l’impegno delle autorità civili locali a dialogare e lavorare insieme per il bene comune. Anche adesso, mentre noi giornalisti discettiamo, suonano le campane: dietro ai portoni chiusi, un sacerdote sta celebrando per noi. Per Luisella Scrosati, per me, per chi ci sta leggendo. 

San Giovanni Bosco auspicava che i suoi ragazzi diventassero “buoni cristiani e onesti cittadini”. È bello pensare ai cristiani come sale della Terra e luce del mondo, come presenza viva all’interno della società, piccolo gregge che per primo dà l’esempio di obbedienza ai suoi pastori, e per primo si impegna per proteggere chi è più debole e più esposto al contagio. 

Perché l’obbedienza è fastidiosa, perché non fare quello che vorremmo è pesante, ma solo l’obbedienza salva. E salva la Chiesa. Soprattutto nelle prime fasi dell’emergenza abbiamo assistito con dolore a sacerdoti che hanno celebrato di nascosto per pochi “raccomandati”: non è solo disobbedienza al vescovo e disobbedienza ai decreti, è una ferita che sanguina per i tanti fedeli che sono rimasti esclusi (dov’è l’epicheia?) e per i non credenti che guardano alla comunità cristiana con scetticismo o apatia. 

Mi si consenta infine: se la sospensione delle Messe con concorso di popolo fosse avvenuta per furia ideologica, se a parteciparvi si fosse rischiato di perdere carriera e stipendio, chi vi sarebbe andato? Scrosati aggiunge: «E il contagio? Visto che si può andare al supermercato, in tabaccheria, in edicola e sull’autobus, con analoghe precauzioni, si può anche andare alla Messa e a ricevere i sacramenti. Punto». No, possiamo invece attendere fiduciosi (in preghiera) le disposizioni dei vescovi, pronti a discuterne direttamente con loro se comparirà il rischio di uno stop ideologico. 

Ma limitare le occasioni di contagio significa custodire l’umano, in modo particolare la vita anziana, fragile, già ferita dalla malattia. Di fronte a questo, per quanto l’assenza della partecipazione fisica alla Messa sia un dolore insopportabile (e lo è), non può esserci spazio per l’egoismo. 

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