giovedì 19 marzo 2020

Coronavirus: prima del decreto, la responsabilità

Ti manca fare fitwalking?” Sì, tantissimo. Quell’oretta quotidiana di camminata veloce è il mio momento di ossigenazione dei pensieri. Mi rilasso, mi distacco un attimo dalle ansie, dalle scadenze, faccio il punto della situazione, sto un po’ in mezzo alla natura.

Eppure il decreto dice che si può fare attività fisica…” Se non ti muovi in macchina e resti dove abiti conosci tutti, e troppe persone sono in giro. Chi con il cane, chi con i bambini, chi a buttare la spazzatura, chi a fare la spesa, chi per andare in farmacia, chi per “allenarsi”. Impossibile non incontrarsi sul marciapiede, non salutarsi, impensabile ignorare tutti o fare sport con la mascherina (io già respiro a fatica quando la metto per fare la spesa). “Allora perché non prendi la macchina e te ne vai al parco?

Il problema vero è: siamo o no in una situazione di emergenza? I nostri ospedali, eccellenze riconosciute a livello mondiale, sono vicini al collasso. I posti in terapia intensiva sono quasi terminati. Non posso partecipare alla Santa Messa, non posso andare in redazione, non si può andare né a scuola né in università, e io vado a fare la camminata veloce? Sapendo che potrei involontariamente passare il virus a qualcuno, farmi male, prenderlo io stesso? 

Immagine con gente che corre all'aperto nonostante il coronavirus

Il fatto che una cosa sia concessa dalla legge non significa che per forza io debba farla: possiamo renderci conto da soli della contraddizione presente nel decreto (no uscite, sì uscite per sport), ed evitare di approfittarne. Ci sono le restrizioni imposte dal decreto e dalle varie ordinanze regionali e comunali, ma c’è anche e soprattutto la nostra coscienza, il nostro buonsenso. Il nostro senso critico che, a fronte delle ambulanze che non conoscono soste, ci ricorda che non stiamo vivendo una vacanza. Che l’apparente serenità data dal bel tempo e dagli uccellini che cantano non è la realtà completa.

Ci sono anziani soli, chiusi in casa con la paura di ammalarsi, ci sono famiglie che accudiscono persone con gravi disabilità, da giorni senza assistenza, ci sono anziani ricoverati nelle case di riposo, che da settimane non possono neanche ricevere le visite dei loro parenti più cari. E che dire dei nostri medici, che stanno rischiando la loro salute per proteggere la nostra? A tutti loro noi dobbiamo un sacrificio. Lo dobbiamo prima ancora del decreto, lo dobbiamo perché siamo umani, ed è proprio dell’essere umano custodire il suo simile. Prima delle leggi c’è la nostra coscienza. E vedere i camion militari attraversare le strade di alcune città non solo fa paura, ma fotografa un fallimento nostro, della nostra capacità di prenderci cura del bene comune.

L’autolimitazione, prima che vengano prese misure ancora più severe, è una grande forma di difesa della nostra libertà e della democrazia stessa. Stavolta ognuno, nel suo piccolo, può fare la differenza davanti a questa emergenza. Camminiamo in casa, sulle scale, in giardino (da soli), facciamo la cyclette e lo stepper e il tapis roulant. Ma stiamo a casa. 

(image by Free-Photos from Pixabay)

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