sabato 29 settembre 2018

Santa Monica e la famiglia cristiana

«Tre giorni fa, il 27 agosto, abbiamo celebrato la memoria liturgica di santa Monica, madre di sant’Agostino, considerata modello e patrona delle madri cristiane. Di lei molte notizie ci vengono fornite dal figlio nel libro autobiografico Le confessioni, capolavoro tra i più letti di tutti i tempi. Qui apprendiamo che sant’Agostino bevve il nome di Gesù con il latte materno e fu educato dalla madre nella religione cristiana, i cui princìpi gli rimarranno impressi anche negli anni di sbandamento spirituale e morale. 

Monica non smise mai di pregare per lui e per la sua conversione, ed ebbe la consolazione di vederlo ritornare alla fede e ricevere il battesimo. Iddio esaudì le preghiere di questa santa mamma, alla quale il Vescovo di Tagaste aveva detto: “È impossibile che un figlio di tante lacrime vada perduto”. In verità, sant’Agostino non solo si convertì, ma decise di abbracciare la vita monastica e, ritornato in Africa, fondò egli stesso una comunità di monaci. 
Commoventi ed edificanti sono gli ultimi colloqui spirituali tra lui e la madre nella quiete di una casa di Ostia, in attesa di imbarcarsi per l’Africa. Ormai santa Monica era diventata, per questo suo figlio, “più che madre, la sorgente del suo cristianesimo”. 

Il suo unico desiderio era stato per anni la conversione di Agostino, che ora vedeva orientato addirittura verso una vita di consacrazione al servizio di Dio. Poteva pertanto morire contenta, ed effettivamente si spense il 27 agosto del 387, a 56 anni, dopo aver chiesto ai figli di non darsi pena per la sua sepoltura, ma di ricordarsi di lei, dovunque si trovassero, all’altare del Signore. Sant’Agostino ripeteva che sua madre lo aveva “generato due volte”. 

lunedì 24 settembre 2018

È da una mamma che viene la salvezza

Articolo su maternità e disabilità per blog di Costanza Miriano

«Alla ricerca di una buona lettura nella libreria di un grande centro commerciale. In mano un paio di libri, lo sguardo scorre distratto sulle note di retrocopertina. Nella corsia davanti alla tua, quella dedicata agli albi illustrati, un bambino continua a emettere urletti e versi senza senso, ogni tanto poi ride così forte che sembra soffocarsi. Il solito bambino maleducato, pensi, abbandonato lì dai genitori, che magari starà pure strappando qualche pagina. Sarà meglio dare un’occhiata...» Per il blog di Costanza Miriano un incontro che apre al Mistero. 

mercoledì 19 settembre 2018

Giustizia per Rocchelli. Nuovo rinvio al processo di Pavia

Riprenderà il 23 novembre. Intanto sarà nuovamente notificata all’Ucraina la citazione chiesta dai familiari del fotoreporter italiano ucciso in Ucraina nel 2014. Tensione fuori dal tribunale. 

Questa cronaca di Giacomo Bertoni è stata prodotta in collaborazione tra Ossigeno per l’informazione,  La Provincia Pavese, Unione Nazionale Cronisti Italiani, Ordine  Giornalisti Lombardia per integrare le cronache dei media con un resoconto oggettivo, puntuale ed esauriente dello svolgimento del processo in corso al Tribunale di Pavia in cui è imputato il presunto responsabile dell’uccisione del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli e del giornalista russo Andrey Mironov. Questo testo è stato pubblicato sul sito web ossigeno.info ed è stato inviato a Vienna al Rappresentante per la Libertà dei Media dell’Osce, che segue con attenzione la vicenda. 


«È stato rinviato al 23 novembre 2018 il processo all’italo-ucraino Vitaly Markiv, 29 anni, imputato per l’omicidio del fotoreporter italiano Andy Rocchelli e dello scrittore dissidente russo Andrej Mironov, uccisi il 24 maggio del 2014 in Ucraina mentre realizzavano un reportage per documentare le sofferenze della popolazione civile del Donbass a causa degli scontri tra separatisti filorussi e l’esercito di Kiev (...)».

giovedì 6 settembre 2018

Carlo Caffarra, un uomo di Dio

Un uomo di Dio. Profondamente innamorato della Chiesa e della Verità. Per ricordare il cardinal Caffarra, scomparso il 6 settembre 2017, ecco le parole che ha pronunciato nel 2016 a Pavia davanti all’arca di Sant’Agostino.


<<La Chiesa, come ci viene detto nella prima lettura, è l’unità umana ricostruita dall’obbedienza all’insegnamento degli Apostoli e dalla “frazione del pane”, cioè dalla celebrazione eucaristica. L’espressione inequivocabile dell’unità riedificata dalla fede e dal Sacramento, è la scomparsa delle categorie “mio-tuo”: «tenevano ogni cosa in comune». Se dalla prima lettura passiamo alla pagina evangelica, la presentazione della Chiesa diventa drammatica.

Accanto all’amabile ed attraente figura del Buon Pastore, si muovono lupi rapaci. Essi si sono introdotti nel gregge del Signore “per rapire e disperdere”; e di fronte ai lupi vi sono pastori-mercenari che fuggono, impauriti dal pericolo. Ma la seconda lettura è ancora più drammatica. Essa preannuncia per la Chiesa «un giorno in cui non si sopporterà più la sana dottrina…rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole».

La cupola del duomo di Pavia, terza in Italia per dimensione

lunedì 3 settembre 2018

Tempo di saldi ma non per la verità

Paolo VI ha scritto: «Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime». 

«La fermezza della Chiesa, nel difendere le norme morali universali e immutabili, non ha nulla di mortificante. È solo al servizio della vera libertà dell'uomo: dal momento che non c'è libertà al di fuori o contro la verità, la difesa categorica, ossia senza cedimenti e compromessi, delle esigenze assolutamente irrinunciabili della dignità personale dell'uomo, deve dirsi via e condizione per l'esistere stesso della libertà.

Questo servizio è rivolto a ogni uomo, considerato nell'unicità e nell'irripetibilità del suo essere ed esistere: solo nell'obbedienza alle norme morali universali l'uomo trova piena conferma della sua unicità di persona e possibilità di vera crescita morale. E, proprio per questo, tale servizio è rivolto a tutti gli uomini: non solo ai singoli, ma anche alla comunità, alla società come tale.

Statua dorata Madonna della Guardia a Tortona voluta da San Luigi Orione

mercoledì 29 agosto 2018

Padre Giancarlo, l'amico di Agostino

«È morto a Sant’Agostino, proprio a Sant’Agostino». Poi la voce trema, gli occhi si fanno lucidi e cala il silenzio. Una signora rimane commossa a leggere l’annuncio funebre affisso accanto all’ingresso della basilica di San Pietro in Ciel d’Oro: “È salito alla casa del Padre, padre Giancarlo Ceriotti, agostiniano”. «Era un sacerdote speciale – ricorda la signora fermando due pellegrini – ha studiato tutta la vita Agostino e ora lo incontra in Paradiso proprio nel giorno della sua festa». 
Padre Giancarlo si è spento all’età di 77 anni, dopo una lunga e dolorosa malattia che lo aveva reso sempre più fragile nei movimenti. Indissolubile il suo legame con Pavia: nel 1968, assieme a monsignor Giovanni Scanavino, aveva istituito la Settimana agostiniana pavese, sette giorni pieni di eventi culturali e spirituali per far conoscere alla città il pensiero di Agostino. Quest’anno si era festeggiata la 50ma edizione. 

Il funerale di padre Giancarlo Ceriotti nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro

lunedì 27 agosto 2018

Anche Mordor ha una data di scadenza

Articolo per blog di Costanza Miriano su Mordor e noi

«Come hobbit in una Terra di Mezzo soggiogata da Sauron. Piccoli, fragili, soli. La fotografia di Tolkien sembra scattata pochi giorni fa: Isengard pare dietro l’angolo, lì ogni giorno vengono forgiate nuove menzogne, e Mordor è ormai una città nella città. Nelle nostre città. Ma tutto questo avviene nel silenzio, quasi con dolcezza: nell’aria non risuonano i corni della battaglia, il cielo non è sconquassato da nuvole tempestose. Eppure l’avanzata di Sauron continua ineluttabile, mossa dall’obiettivo di trasformare le comunità in gruppi di pedine grigie, sconosciute e intercambiabili…» Per il blog di Costanza Miriano una riflessione su Sauron e noi. (foto Wikipedia.org) 

venerdì 30 marzo 2018

Oriana Fallaci e la libertà d'espressione

«Nei regimi assolutisti o dittatoriali, spiega Tocqueville, il dispotismo colpisce grossolanamente il corpo. Lo incatena, lo sevizia, lo sopprime con gli arresti e le torture, le prigioni e le Inquisizioni. Con le decapitazioni, le impiccagioni, le fucilazioni, le lapidazioni. E così facendo ignora l’anima che intatta può levarsi sulle carni martoriate, trasformare la vittima in eroe. Nei regimi inertemente democratici, al contrario, il dispotismo ignora il corpo e si accanisce sull’anima. Perché è l’anima che vuole incatenare, seviziare, sopprimere. Alla vittima, infatti, non dice: “O la pensi come me o muori”. Dice: “Scegli. Sei libero di non pensare o di pensarla come me. E se la penserai in maniera diversa da me, io non ti punirò con gli autodafé. Il tuo corpo non lo toccherò, i tuoi beni non li confischerò, i tuoi diritti politici non li lederò. Potrai addirittura votare. Ma non potrai essere votato perché io sosterrò che sei un essere impuro, un pazzo o un delinquente. Ti condannerò alla morte civile, ti renderò un fuorilegge, e la gente non ti ascolterà. Anzi, per non essere a loro volta puniti coloro che la pensano come te ti abbandoneranno”.

Poi aggiunge che nelle democrazie inanimate, nei regimi inertemente democratici, tutto si può dire fuorché la verità. Tutto si può esprimere, tutto si può diffondere, fuorché il pensiero che denuncia la verità. Perché la verità mette con le spalle al muro. Fa paura. I più cedono alla paura e, per paura, intorno al pensiero che denuncia la verità tracciano un cerchio invalicabile. Un’invisibile ma insormontabile barriera all’interno della quale si può soltanto tacere o unirsi al coro. Se lo scrittore scavalca quel cerchio, supera quella barriera, il castigo scatta alla velocità della luce. Peggio: a farlo scattare sono proprio coloro che in segreto la pensano come lui ma che per prudenza si guardano bene dal contestare chi lo anatemizza e lo scomunica. Infatti per un po’ tergiversano, danno un colpo al cerchio ed uno alla botte. Poi tacciono e terrorizzati dal rischio che anche quell’ambiguità comporta s’allontanano in punta di piedi, abbandonano il reo alla sua sorte. (…)

Il libro di Oriana Fallaci con La rabbia e l'orgoglio e La forza della ragione

lunedì 26 febbraio 2018

Giovanni Paolo II: "Scegliere incondizionatamente a favore della vita"

«(…) Purtroppo, questo inquietante panorama, lungi dal restringersi, si va piuttosto dilatando: con le nuove prospettive aperte dal progresso scientifico e tecnologico nascono nuove forme di attentati alla dignità dell'essere umano, mentre si delinea e consolida una nuova situazione culturale, che dà ai delitti contro la vita un aspetto inedito e — se possibile — ancora più iniquo suscitando ulteriori gravi preoccupazioni: larghi strati dell'opinione pubblica giustificano alcuni delitti contro la vita in nome dei diritti della libertà individuale e, su tale presupposto, ne pretendono non solo l'impunità, ma persino l'autorizzazione da parte dello Stato, al fine di praticarli in assoluta libertà ed anzi con l'intervento gratuito delle strutture sanitarie. (…)

La stessa medicina, che per sua vocazione è ordinata alla difesa e alla cura della vita umana, in alcuni suoi settori si presta sempre più largamente a realizzare questi atti contro la persona e in tal modo deforma il suo volto, contraddice sé stessa e avvilisce la dignità di quanti la esercitano. (…) 


sabato 24 febbraio 2018

"The Post" e l'imperativo categorico

«Ma ne vale davvero la pena?». Chissà se Katharine “Kay” Graham se lo sarà chiesto nelle notti infinite di quel giugno 1971 destinato a entrare nella storia. Su un piatto della bilancia la sicurezza tranquilla della prudenza, le amicizie potenti di lunga data e l’approvazione di un mondo pronto a garantire profitti sicuri. Sull’altro piatto nulla, se non una convinzione: la verità si deve pubblicare. Un imperativo categorico capace di mettere in dubbio tutto, compreso un giornale da sempre di proprietà della propria famiglia. Un giornale amato ed ereditato, un giornale da far vivere e crescere. Kay è l’esempio fulgido di “editore illuminato”, dell’editore che, pur non essendo giornalista, sa capire l’insopprimibile esigenza di raccontare la verità. Ma Kay è pur sempre l’editore del “The Washington Post”: oltre le battaglie di libertà, lei è impegnata nella quotidiana lotta di far vivere una creatura bellissima e complessa quale è un giornale. Come ricorda in uno dei momenti più delicati del film: «Occorre un giornale per poter continuare a fare le domande scomode». 

Locandina film The Post

giovedì 1 febbraio 2018

Milva: 52 anni d'arte

Premio alla carriera sì, premio alla carriera no, il dibattito di queste settimane ha riacceso i riflettori sulla Rossa e sulla sua carriera unica nel panorama musicale italiano. Oggi ci sono giovani che sentono il nome di Milva per la prima volta, ma ci sono anche meno giovani che ritrovano una voce amata e mai dimenticata. Per tutti rimane una storia incredibile, tutta da riscoprire… 

«Dopo aver trionfato in un concorso di voci nuove, arrivando prima su ben 7600 partecipanti, viene lanciata al Festival di Sanremo nel 1961 dove si classifica terza con “Il mare nel cassetto”. L’anno dopo è seconda con “Tango italiano”. In questo periodo canta “Flamenco Rock” e “Milord”, nei quali il suo forte timbro vocale, celebre per la ricchezza di sfumature dai bassi intensi ai vibranti vocalizzi di note alte, trova la sua ideale collocazione esaltando le capacità interpretative notevoli. Vince nel 1971 la Gondola d’Oro con la canzone “La filanda”, che risulta il disco più venduto dell’anno.
Milva interpreta con versatilità la canzone leggera e le opere liriche (ha lavorato con Luciano Berio), il teatro leggero (ha lavorato con Gino Bramieri e Davide Riondino) e quello impegnato (famosissime le sue interpretazioni brechtiane che ne hanno fatto un vero personaggio cult in Germania) passando per spettacoli televisivi (“Palcoscenico” con Oreste Lionello, “Al Paradise” con Heather Parisi) e commedie musicali (“Mai di sabato”, “Signora Lisistrata”, “Angeli in bandiera” e “Un mandarino per Teo”). Ha fatto anche delle incursioni cinematografiche (“La bellezza di Ippolita” con Gina Lollobrigida, “D’amore si muore” con Peppino Patroni Griffi, “Via degli specchi” di Giovanna Gagliardo e “Celluloide” di Lizzani).

lunedì 29 gennaio 2018

I cattolici e la politica

«(…) La società civile si trova oggi all’interno di un complesso processo culturale che mostra la fine di un’epoca e l’incertezza per la nuova che emerge all’orizzonte. Le grandi conquiste di cui si è spettatori provocano a verificare il positivo cammino che l’umanità ha compiuto nel progresso e nell’acquisizione di condizioni di vita più umane. La crescita di responsabilità nei confronti di Paesi ancora in via di sviluppo è certamente un segno di grande rilievo, che mostra la crescente sensibilità per il bene comune. 

Insieme a questo, comunque, non è possibile sottacere i gravi pericoli a cui alcune tendenze culturali vorrebbero orientare le legislazioni e, di conseguenza, i comportamenti delle future generazioni. È oggi verificabile un certo relativismo culturale che offre evidenti segni di sé nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico che sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale. A seguito di questa tendenza non è inusuale, purtroppo, riscontrare in dichiarazioni pubbliche affermazioni in cui si sostiene che tale pluralismo etico è la condizione per la democrazia. Avviene così che, da una parte, i cittadini rivendicano per le proprie scelte morali la più completa autonomia mentre, dall’altra, i legislatori ritengono di rispettare tale libertà di scelta formulando leggi che prescindono dai principi dell’etica naturale per rimettersi alla sola condiscendenza verso certi orientamenti culturali o morali transitori, come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale valore.
Nel contempo, invocando ingannevolmente il valore della tolleranza, a una buona parte dei cittadini — e tra questi ai cattolici — si chiede di rinunciare a contribuire alla vita sociale e politica dei propri Paesi secondo la concezione della persona e del bene comune che loro ritengono umanamente vera e giusta, da attuare mediante i mezzi leciti che l’ordinamento giuridico democratico mette ugualmente a disposizione di tutti i membri della comunità politica. La storia del XX secolo basta a dimostrare che la ragione sta dalla parte di quei cittadini che ritengono del tutto falsa la tesi relativista secondo la quale non esiste una norma morale, radicata nella natura stessa dell’essere umano, al cui giudizio si deve sottoporre ogni concezione dell’uomo, del bene comune e dello Stato. (…)
La Chiesa è consapevole che la via della democrazia se, da una parte, esprime al meglio la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche, dall’altra si rende possibile solo nella misura in cui trova alla sua base una retta concezione della persona. Su questo principio l’impegno dei cattolici non può cedere a compromesso alcuno, perché altrimenti verrebbero meno la testimonianza della fede cristiana nel mondo e la unità e coerenza interiori dei fedeli stessi. La struttura democratica su cui uno Stato moderno intende costruirsi sarebbe alquanto fragile se non ponesse come suo fondamento la centralità della persona. È il rispetto della persona, peraltro, a rendere possibile la partecipazione democratica. Come insegna il Concilio Vaticano II, la tutela «dei diritti della persona umana è condizione perché i cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica». (…)

Papa Benedetto XVI al lavoro nel suo studio, foto L'Osservatore Romano