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sabato 2 novembre 2019

La "solidarietà soprannaturale" di papa Paolo VI

«Regna tra gli uomini, per arcano e benigno mistero della divina volontà, una solidarietà soprannaturale, per cui il peccato di uno nuoce anche agli altri, così come la santità di uno apporta beneficio agli altri». Così scriveva papa Paolo VI, nella costituzione apostolica “Indulgentiarum doctrina”, il 1° gennaio del 1967. 

Sono parole da rileggere in questi giorni di visite ai cimiteri, giorni durante i quali è anche possibile lucrare l’indulgenza plenaria per i defunti: «Cristo, infatti, "il quale non commise peccato", "patì per noi", "fu ferito per le nostre iniquità, schiacciato per i nostri delitti... per le sue piaghe siamo stati guariti". Seguendo le orme di Cristo, i fedeli cristiani sempre si sono sforzati di aiutarsi vicendevolmente nella via che va al Padre celeste, mediante la preghiera, lo scambio di beni spirituali e la espiazione penitenziale; più erano animati dal fervore della carità tanto maggiormente imitavano Cristo sofferente, portando la propria croce in espiazione dei propri e degli altrui peccati, persuasi di poter aiutare i loro fratelli presso Dio, Padre delle misericordie, a conseguire la propria salvezza. 

È questo l’antichissimo dogma della comunione dei santi, mediante il quale la vita dei singoli figli di Dio in Cristo e per mezzo di Cristo viene congiunta con legame meraviglioso alla vita di tutti gli altri fratelli cristiani nella soprannaturale unità del corpo mistico di Cristo, fin quasi a formare una sola mistica persona».

Una foto del cimitero monumentale di Pavia dal Famedio nel giorno della Commemorazione dei fedeli defunti

venerdì 19 aprile 2019

Notre Dame, dall'incendio si salva la croce

Dall'incendio si salva la croce a Notre Dame

«Rimane la croce. Quando le fiamme divorano tutto, rimane la croce. Quando “la foresta” di 1.300 querce si trasforma in cenere e fumo, rimane la croce. Quando anche le colonne più solide vacillano, rimane la croce. È la croce il primo segno luminoso che i pompieri francesi hanno visto quando, dopo ore di lotta estenuante con l’incendio, sono riusciti ad aprire il portone di Notre Dame. Nella distruzione più totale, soffocati da una notte resa insopportabile dal fumo, i loro occhi hanno visto una croce (…)». Per il blog di Costanza Miriano una conversazione con il vescovo Corrado Sanguineti sull’incendio che ha devastato la cattedrale di Notre Dame. 

venerdì 5 febbraio 2016

Nessuno è contro di voi

“Mi chiamo Giorgio Ponte ho trentun anni e faccio lo scrittore. Molti in questi giorni avranno sentito parlare di me come persona con tendenze omosessuali che si è esposta in difesa della famiglia naturale. Alcuni sicuramente sapranno che sono cattolico e che nella vita, con la fatica e le difficoltà di tutti, cerco di vivere come tale.

Tutto questo è vero e tuttavia non basta a dire ciò che sono, ma soprattutto non è il motivo per cui oggi sono qui, a questo Family Day. Questa infatti non è una riunione di ultracattolici, né di ultraconservatori, né, evidentemente, di eterosessuali. Questa piazza raduna chiunque, uomo o donna, riesca ancora a riconoscere nella coppia maschile-femminile, l’unica unione capace di concepire la vita e quindi adatta a crescerla. E per fare questo non serve avere inclinazioni particolari, una particolare fede, o un determinato colore politico.
Ma chi è qui, questo lo sa già.
Perciò, in quanto persona con tendenze omosessuali, oggi credo sia mio compito fare qualcosa di diverso, e cioè parlare a chi, di là, ci guarda e non capisce: coloro i quali stamattina si sono svegliati con la convinzione che una moltitudine di persone si sia radunata al Circo Massimo contro di loro. A queste persone dico: sappiate che qui c’è qualcuno che sa cosa provate. E si batterà fino alla fine, perché possiate capire cosa facciamo noi.
Io conosco il vostro dolore. Fa male non sentirsi capiti. Fa male credere che il mondo sia contro di noi. Fa male avere la sensazione che la gente esprima un giudizio sulla vostra vita, su chi amate, sulla natura di ciò che provate, come se ci fosse qualcuno in grado di entrare nelle profondità della vostra anima e guardare quanto ci sia di egoismo o quanto di amore vero. Fa male dover rinunciare a un desiderio spontaneo come quello di paternità o maternità.
Fa male, lo so.
Ma non è per questo che questa piazza si è riunita.
Nessuno qui può permettersi di entrare nel merito di ciò che ogni singolo uomo prova per qualcun altro. Nessuno vi chiede di cambiare il vostro stile di vita, di lasciare il vostro compagno, di cambiare il vostro orientamento, di vivere in castità: nessuno è qui per dirvi che siete sbagliati. E se qualcuno lo fa, lo fa a titolo personale, sbagliando egli stesso.
Se nemmeno la Chiesa, nella sua saggezza, si arroga il diritto di dire a una persona con tendenze omosessuali di essere in sé stessa un errore, come potrebbe fare diversamente una piazza che mette insieme migliaia di persone di ogni credo o di nessun credo?
No. Qui, oggi, non vi si chiede di cambiare vita.
Ciò che vi si chiede, ciò che vi chiedo io, è di deporre le armi e guardare con verità alla storia da cui provenite, da cui tutti proveniamo: un maschio e una femmina, un papà e una mamma, che per qualche ragione, fortuita o volontaria, hanno fatto sì che noi oggi esistessimo.
Forse i vostri genitori non sono stati i migliori del mondo. Forse talora possono essere stati persino i peggiori.
Ma almeno voi sapete chi sono.

Noi abbiamo avuto la possibilità di saperlo, per potere farci i conti, per potere restituire a chi ci ha dato la vita, il giusto valore. Perché solo quando facciamo i conti col nostro passato, siamo liberi di affrontare il nostro futuro. E questo lo sa bene chi per disgrazia, questa possibilità non l’ha avuta, perché orfano, perché abbandonato.
Questa legge, il matrimonio gay camuffato sotto altro nome, facilita un sistema che un domani permetterà che migliaia di bambini vengano fatti crescere volontariamente e con l’avallo dello Stato privi di questo diritto: avere una mamma e un papà.
So bene che alcuni di voi questo lo capiscono, e chiedono solo una tutela, che più che tutela è un riconoscimento legale, sociale dalla vostra relazione. Ma purtroppo il clima e le condizioni attuali a livello politico, nazionale ed europeo, hanno spezzato le gambe a qualsiasi possibile compromesso. Non possiamo fare leggi a metà, senza adozioni, perché abbiamo visto che in tutti gli stati in cui sono state approvate, esse sono sempre state il trampolino di lancio per la parificazione col matrimonio e la conseguente possibilità di procreare usando donne e uomini come fornitori di materiale biologico, al pari di mucche e stalloni. Per questo, nessuna legge oggi è possibile.
Perciò se questo riuscite a comprenderlo, vi chiedo di riflettere: siete davvero pronti a prendervi questa responsabilità sulle generazioni future, in nome del vostro pur legittimo desiderio di riconoscimento?
Io no.
Se davvero desiderate essere padri e madri per le generazioni future, allora fate un gesto che solo un autentico genitore può fare: rinunciate al vostro desiderio per amore di questi figli.

domenica 24 gennaio 2016

Neanche una parola per le Sentinelle in Piedi

Ieri sera e oggi quasi tutti i giornali, radiogiornali e telegiornali hanno aperto le loro edizioni parlando del grande successo della manifestazione “Sveglia Italia”. Qualche domanda però sorge spontanea


Perché nessuno parla delle centinaia di piazze italiane nelle quali silenziosamente si ritrovano le Sentinelle in Piedi? Perchè le Sentinelle in Piedi si trovano spesso a manifestare fra insulti e violenze verbali (a volte, purtroppo, anche fisiche)? Perché i numeri di “Sveglia Italia” (“un milione di partecipanti”, secondo ArciGay) non sono stati verificati? Ricordo che per la manifestazione “Difendiamo i nostri figli” del giugno 2015, nonostante le foto mostrassero una folla oceanica, ci fu chi presentò complessi calcoli per conteggiare le persone presenti… Perché da settimane si opera una lenta ma capillare denigrazione del “Family Day” in programma il 30 gennaio al Circo Massimo? Perché i politici che hanno partecipato a “Sveglia Italia” pensano al bene comune mentre quelli che parteciperanno al “Family Day” pensano alla loro poltrona? Le mie non sono domande tendenziose, sia ben chiaro: si tratta di pura e semplice curiosità. 


Non è possibile dialogare, capirsi, camminare insieme, se il punto di partenza è un’ideologia che spegne la ragione. Non è possibile dibattere se non ci si racconta la verità. Non è possibile scoprire l’inganno se non si indaga. Si cade facilmente nella “guerra per proclami”, quella tipica dei talk-show a caccia di audience, ed è ovvio che il vincitore qui sarà lo slogan più politicamente corretto. Chi osa dire nulla su “Famiglia = Amore”, “Dove c’è amore c’è casa”, “Quella piazza manifesta contro i diritti, noi per l’amore”, etc etc… Ma davvero basta questo? Davvero siamo disposti, noi uomini acculturati del 2016, ad accettare una così rozza confusione fra “diritti”, "desideri" e “doveri”? 


Noi, che vantiamo serate a teatro e pomeriggi in libreria, vogliamo davvero fingere di non vedere le contraddizioni (anche logiche) che ci vengono raccontate? E in nome di cosa? Di uno slogan politicamente corretto, che “suona bene”? La verità non è politicamente corretta, la verità è scomoda, fa male, fugge dal potere. La verità è spesso osteggiata, mistificata. Per trovare la verità occorre ricerca, ascolto, confronto. E, spiace dirlo, ma i nostri telegiornali non ci stanno aiutando nella ricerca. Non accontentiamoci del racconto politicamente corretto. Rimbocchiamoci le maniche e scaviamo.

martedì 11 agosto 2015

E se davvero fosse meglio obbedire?

Obbedire è meglio. Le regole della compagnia dell’agnello.” Obbedire è meglio? Oggi? Con l’infinita gamma di possibilità di scelta nella quale possiamo spaziare? Ogni giorno, volendo, possiamo inventarci un nuovo “io”. Possiamo lasciarci guidare dalle emozioni, dal “cogli l’attimo”, dal “lascia tutto e cambia vita”, e saremmo forse anche guardati con ammirazione, perché tutto ormai spinge verso questa rappresentazione dell’uomo. Una sorta di umanesimo deviato, che rischia di arricciarsi su se stesso come un filo del telefono che finisce col diventare troppo corto, e quando alzi la cornetta ti ritrovi sulla guancia la tastiera. Perché scrivere nel 2015 che obbedire è meglio? Va bene, sarò sincero, oltre alla stima che ho per Costanza Miriano, giornalista brillante e coraggiosa, ho acquistato il libro per il sottotitolo. Chi ha amato la compagnia dell’anello non può restare indifferente.

Però la riflessione iniziata prima è vera, ed è nata proprio ieri notte (se Costanza Miriano scrive di notte, io leggo di notte, unico momento che rimane libero per la lettura di libri di piacere), nelle  ore in cui ho divorato il libro. Se davvero, a fronte di questa propaganda individualistico-emozionale, noi scegliessimo di obbedire? Ma non alle nostre emozioni, perché spesso le nostre emozioni sono plasmate da altri, ispirate da un miraggio, a volte addirittura ideologizzate. A fronte dei tanti “se fossi andato…”, “se quella sera avessi fatto…”, “se non avessi perso quel numero…”, dobbiamo alzarci e dire no. No a questo passato delle possibilità perse che sembrano aspettare solo noi. Noi siamo qui, ora. Schiacciati da mille paure e difficoltà. Ma forse la ricetta giusta per superarle è obbedire a ciò che siamo realmente. 

Il nuovo libro della giornalista, scrittrice e blogger Costanza Miriano

sabato 19 aprile 2014

La croce: collocazione provvisoria

Nel Duomo vecchio di Molfetta c'è un grande crocifisso di terracotta. Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l'ha addossato alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: "collocazione provvisoria".
La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell'opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito.
Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la Croce. La mia, la tua croce, non solo quella di Cristo.

Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i morsi della solitudine. Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell'abbandono. Non ti disperare, madre dolcissima che hai partorito un figlio focomelico. Non imprecare, sorella, che ti vedi distruggere giorno dopo giorno da un male che non perdona. Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire. Non abbatterti, fratello povero, che non sei calcolato da nessuno, che non sei creduto dalla gente e che, invece del pane, sei costretto a ingoiare bocconi di amarezza. Non avvilirti, amico sfortunato, che nella vita hai visto partire tanti bastimenti, e tu sei rimasto sempre a terra.

Coraggio. La tua Croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre "collocazione provvisoria". Il calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale. E il terreno di questa collina, dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai come suolo edificatorio. Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della Croce.

"Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra". Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane.

Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell'orario c'è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio.

Coraggio, fratello che soffri. C'è anche per te una deposizione dalla croce. Coraggio, tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali, e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga. (Tonino Bello, "Il parcheggio del calvario, in Omelie e scritti quaresimali", vol. 2, p. 307, Luce e Vita Edizioni)