sabato 5 ottobre 2019

Francesco va', ripara la mia Chiesa

La fede cristiana come l’avventura di un amore che afferra l’esistenza e la trasforma. È questa la prospettiva che ancora oggi San Francesco ci invita a considerare per misurare il nostro rapporto con Cristo. Ed è questo l’invito che il vescovo di Pavia, monsignor Corrado Sanguineti, ha rivolto ai fedeli durante l’omelia per la solennità di San Francesco, celebrata nella basilica di Santa Maria Incoronata di Canepanova.

«Per Francesco – ha spiegato il vescovo Corrado –, amare Cristo è amare una persona viva e presente, che si è data per noi, che si è caricata i nostri peccati sul legno della croce e ha lavato la nostra sporcizia con il suo sangue». 

Questo incontro vivo e luminoso stravolge il quotidiano, sveglia dal torpore la coscienza: «San Francesco sarebbe a disagio di fronte a un cristianesimo esangue, ridotto alla difesa di valori, per quanto importanti, come la pace, la cura dell’ambiente, la causa dei poveri – ha ricordato monsignor Sanguineti –. Stiamo attenti al nuovo “moralismo” che tende a rendere accettabile la Chiesa nel consesso del mondo moderno, a condizione che si limiti a diventare una buona agenzia educativa che propugna e difende alcuni valori facilmente condivisibili. Alcuni. Per altri, come la purezza, la castità, il pudore, la custodia e la difesa della vita nascente o morente, non c’è molto spazio». 

Il vescovo di Pavia Corrado Sanguineti a Canepanova per la solennità di San Francesco

Lo sguardo rinnovato dall’incontro con Gesù trasforma anche il quotidiano di Francesco: «Ecco il primo passo del nuovo cammino di quel giovane ammirato ad Assisi come re delle feste, si è lasciato condurre dal Signore all’incontro con i lebbrosi, uomini deturpati nel volto, che il giovane assisiate spensierato e gaudente evitava anche solo di guardare, segnati già dalla morte e dal giudizio di Dio. Francesco li avvicina, li tocca, li abbraccia, addirittura va a vivere con loro, tanto che i primi “conventi” dei suoi frati e compagni furono i lebbrosari».

Non è pietismo, non è solo umana compassione: «Nel Santo d’Assisi c’è un senso appassionato e profondo del corpo sofferente del suo Signore, il corpo di Cristo che si può presentare in forma malata, sfigurata, emarginata, e che chiede prossimità, anzi chiede rassomiglianza, chiede di conformarsi fino alla mistica immedesimazione con il Crocifisso nel segno delle stimmate». 

Statua di San Francesco posta nella basilica di Santa Maria Incoronata di Canepanova a Pavia

Sembra risuonare ancora oggi l’eco del misterioso colloquio con il crocifisso di San Damiano, nel quale San Francesco ricevette la sua missione: «Va’ e ripara la mia Chiesa che, come vedi, è tutta in rovina». Ma, assieme, ritorna la strada scelta da Francesco per restaurare la Chiesa: «Egli vivrà la sua esistenza tutta perduta per il Vangelo per restaurare la Chiesa del suo tempo, appesantita dal potere e dalla mondanità.

Proprio perché si tratta della Chiesa di Cristo e non di Francesco – egli si sentirà sempre figlio devoto della Madre Chiesa – i punti di riferimento fondamentali per l’opera di ricostruzione saranno quelli che legano concretamente e stabilmente Cristo alla Chiesa: l’Eucaristia e il sacerdozio, sacramento che nasce con l’Eucaristia e per l’Eucaristia». L’invito è a tornare alla scuola del santo patrono d’Italia, affinché: «Impariamo a dare testimonianza dell’amore appassionato a Cristo, nel segno della sua croce, nel sacramento del suo corpo eucaristico, nella cura dei fratelli feriti dalla vita».

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