sabato 21 settembre 2019

Il vescovo Corrado: "L'Eucaristia è un dono per tutti"

Sine Dominico non possumus”. L’affermazione dei martiri di Abitene è risuonata più volte nella cattedrale colma di fedeli per l’apertura dell’anno pastorale, che già nel titolo, “L’Eucaristia, cuore della Chiesa”, richiama i 49 cristiani giustiziati nel 303 in Africa perché non avevano rinunciato alla fede.  

«Anche oggi ci sono cristiani nel mondo che rischiano la vita a causa della loro fede – ha ricordato il vescovo Corrado Sanguineti –, e forse noi cristiani occidentali ci sentiamo sorpresi da questa realtà. Sì, ci sono uomini e donne disposti a perdere la vita pur di non perdere l’Eucaristia domenicale.  E le testimonianze dei loro vescovi parlano di chiese piene, di chiese vive. Noi oggi potremmo ripetere con verità l’affermazione “sine Dominico non possumus”?»

La lettera pastorale del vescovo di Pavia Corrado Sanguineti

L’Eucaristia come realtà da scoprire partecipando alla vita della comunità cristiana, l’Eucaristia come gesto che ritma la vita stessa della comunità cristiana: «Un rito che interrompe il quotidiano per restituirgli respiro – ha aggiunto il vescovo Corrado –. Rimettere al centro l’Eucaristia non è una fuga spiritualistica di fronte a un mondo ostile, ma una condizione imprescindibile per rinnovare la missione nel mondo. 

L’Eucaristia rimane, in questo tempo benedetto e drammatico, un dono per tutti, anche se non è condiviso da tutti. Perché senza Cristo viene meno la speranza che ci permette di affrontare ogni fatica, senza Cristo manca l’essenziale per vivere»

L'apertura dell'anno pastorale in duomo a Pavia con il vescovo Sanguineti e fratel Goffredo Boselli

Ma come celebrare l’Eucaristia in questo tempo di secolarizzazione pervasiva? «È richiesta una consapevolezza nuova – ha spiegato fratel Goffredo Boselli, liturgista e monaco di Bose –, perché il modo di celebrare è il modo di essere Chiesa nel mondo. E in questo tempo occorre celebrare da popolo messianico»

Se lo sguardo va verso le assemblee domenicali non può ignorare una costante diminuzione della partecipazione: «Si annuncia una condizione di minoranza per le comunità cristiane occidentali – ha detto fratel Goffredo –, ma questo non deve spaventarci, questo non è un tempo di paura. È invece un tempo kairos, un tempo favorevole, da vivere andando incontro al Signore con fiducia. C’è il pericolo di diventare una comunità “setta”, chiusa in sé stessa? Vivendo il Vangelo noi siamo chiamati ad essere significativa comunità missionaria nella nostra società. 

Il futuro non appartiene a un cristianesimo che si riproduce da sé, sarà invece un cristianesimo di scelta, che porterà ad essere per il mondo un germe di unità, speranza e salvezza, come leggiamo nell’enciclica “Lumen Gentium”, che dal Concilio invita al discernimento dei segni dei tempi». 

I fedeli davanti al duomo di Pavia la sera dell'apertura dell'anno pastorale

C’è oggi una oggettiva difficoltà del messaggio cristiano a raggiungere la gente, soprattutto i giovani: «È in atto un processo che i sociologi chiamano di "esculturazione" – ha ricordato fratel Goffredo –. Si riduce la partecipazione alla messa, si ridisegna l’assetto pastorale delle parrocchie. Ma ciò che conta è che rimanga viva la verità profonda della Chiesa, una verità che non è mai riducibile al suo impegno per la polis. Se anche un domani la Chiesa fosse posta nelle condizioni di celebrare solamente l’Eucaristia, farebbe comunque l’essenziale. 

È la “Chiesa semplicemente Chiesa” tratteggiata da Giuseppe Dossetti, è la Chiesa che, in un mondo sempre più senza Dio, trasforma la comunità cristiana nel corpo di Cristo. Testimoniando una comunione alla quale tutto il mondo anela». Dobbiamo essere nel mondo: «Il futuro della Chiesa e quello del mondo sono lo stesso futuro. Non viviamo ora la fine del cristianesimo, ma l’esaurirsi di un’epoca cristiana. Oggi siamo chiamati a vivere l’esperienza della fede come il primo cristiano, in una Chiesa che afferma la sua verità sacramentale ogni domenica sull’altare».

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