Ci sono amici che entrano nella nostra vita in momenti di
foschia, di nebbia, di navigazione a vista. Senza imporre nulla ci fanno
compagnia accanto al timone e, tra una pizza e una chiacchiera, aggiustano la
nostra bussola, ritrovano con noi la rotta perduta. Poi, magari, ci si perde di
vista, ma quell’incontro rimane luminoso nella memoria, e si riaccende ad ogni
saluto, ad ogni confidenza, ad ogni promessa di un caffè.
Anche quando ci si frequenta meno, c’è un’immediatezza nello sguardo che vince ogni attesa. C’è la comprensione, la consapevolezza di aver fatto insieme un tratto di percorso decisivo, che a sua volta ha aperto nuove strade di amicizie ed esperienze. Succede che un giorno il lavoro metta sul piatto una opportunità da non perdere, in una città lontana. E allora la tristezza si fa sentire. Perché quell’amicizia era una sicurezza nel caos del quotidiano.
Anche quando ci si frequenta meno, c’è un’immediatezza nello sguardo che vince ogni attesa. C’è la comprensione, la consapevolezza di aver fatto insieme un tratto di percorso decisivo, che a sua volta ha aperto nuove strade di amicizie ed esperienze. Succede che un giorno il lavoro metta sul piatto una opportunità da non perdere, in una città lontana. E allora la tristezza si fa sentire. Perché quell’amicizia era una sicurezza nel caos del quotidiano.
Camminando per le strade della città in
una sera di settembre, in una passeggiata che vuole essere un arrivederci e per
questo continua a trovare nuove viuzze da percorrere, si rivedono i luoghi che
proprio quell’amicizia ha fatto vivere. Quel bar, che ha già cambiato gestione
tre volte, dove si chiacchierava con il nostro piccolo gruppetto di amici fino
a quando la proprietaria non ci accompagnava alla porta per chiudere. Quella
libreria dove ci siamo confrontati, scoperti attraverso i nostri titoli
preferiti, dove abbiamo cercato regali per compleanni sempre, testardamente,
all’ultimo secondo.
Quelle finestre, dove prima abitava la nostra amica in comune, dietro le quali facevamo serate (e nottate) di giochi da tavolo, per la gioia dei vicini. Quelle basiliche, tante, una più bella dell’altra, che tante volte grazie alla pastorale giovanile e universitaria siamo riusciti a tenere aperte per coinvolgere i giovani della città con canti, preghiere, confessioni e adorazione.
Quelle finestre, dove prima abitava la nostra amica in comune, dietro le quali facevamo serate (e nottate) di giochi da tavolo, per la gioia dei vicini. Quelle basiliche, tante, una più bella dell’altra, che tante volte grazie alla pastorale giovanile e universitaria siamo riusciti a tenere aperte per coinvolgere i giovani della città con canti, preghiere, confessioni e adorazione.