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domenica 29 settembre 2019

AAA sentinelle del mattino cercansi

Io invece spero di no. Io spero che le emozioni rimangano sempre quel bottone che, una volta schiacciato, fa aumentare il battito del cuore. Anche dopo anni di tachicardia non corrisposta, anche dopo delusioni e sofferenze. Anche dopo che le nostre emozioni più sincere si sono infrante contro un muro di cemento o, peggio, contro un muro di gomma. Le emozioni sincere, primitive, quelle che attraversano tutto il corpo invadendoci, si accendono come stelle improvvise nel cielo. Sono lì, altissime e luminose. Dopo la loro comparsa, così accecante, il nostro sguardo però viene tirato verso il basso. Esistono infatti piccole pietre che si attaccano al mento, e gli impediscono di sollevarsi troppo in alto. Sono pietre molto diverse fra loro e diverse per ciascuna persona. 

Qualcuno ha il mento pesante per le troppe ferite subite: perché illudersi ancora, perché ripartire da zero, perché crederci se in passato ho avuto solo dolore in cambio? Qualcun altro ha la testa bloccata in avanti perché il cuore si è inaridito: in ogni cuore c’è una scintilla divina, che non si spegne mai del tutto, ma che può finire coperta dalla polvere delle brutture quotidiane se non viene mai ravvivata. E la scintilla resta viva con progetti alti, con amicizie sincere, con la bellezza di un Creato che ogni giorno può essere riscoperto. Servono spazi per ampi respiri, e bisogna ritagliarseli con costanza.

Qualcuno, infine, ha il mento pieno di pietre per un’ideologia: perché cercare la verità se aderire a un dogma è così rassicurante, semplice, conveniente? Seguire la corrente porta molti benefici, anche di carriera. E quante energie si risparmiano evitando di imprimere una direzione al nostro navigare. 

Anche le emozioni si stancano di rincorrere chi non le apprezza, foto di Marco Brenna per Il parco di Giacomo

venerdì 13 settembre 2019

Agli amici che ritrovano con noi la rotta perduta

Ci sono amici che entrano nella nostra vita in momenti di foschia, di nebbia, di navigazione a vista. Senza imporre nulla ci fanno compagnia accanto al timone e, tra una pizza e una chiacchiera, aggiustano la nostra bussola, ritrovano con noi la rotta perduta. Poi, magari, ci si perde di vista, ma quell’incontro rimane luminoso nella memoria, e si riaccende ad ogni saluto, ad ogni confidenza, ad ogni promessa di un caffè.

Anche quando ci si frequenta meno, c’è un’immediatezza nello sguardo che vince ogni attesa. C’è la comprensione, la consapevolezza di aver fatto insieme un tratto di percorso decisivo, che a sua volta ha aperto nuove strade di amicizie ed esperienze. Succede che un giorno il lavoro metta sul piatto una opportunità da non perdere, in una città lontana. E allora la tristezza si fa sentire. Perché quell’amicizia era una sicurezza nel caos del quotidiano. 

Il duomo di Pavia illuminato per la Veglia delle Palme 2019

Camminando per le strade della città in una sera di settembre, in una passeggiata che vuole essere un arrivederci e per questo continua a trovare nuove viuzze da percorrere, si rivedono i luoghi che proprio quell’amicizia ha fatto vivere. Quel bar, che ha già cambiato gestione tre volte, dove si chiacchierava con il nostro piccolo gruppetto di amici fino a quando la proprietaria non ci accompagnava alla porta per chiudere. Quella libreria dove ci siamo confrontati, scoperti attraverso i nostri titoli preferiti, dove abbiamo cercato regali per compleanni sempre, testardamente, all’ultimo secondo.

Quelle finestre, dove prima abitava la nostra amica in comune, dietro le quali facevamo serate (e nottate) di giochi da tavolo, per la gioia dei vicini. Quelle basiliche, tante, una più bella dell’altra, che tante volte grazie alla pastorale giovanile e universitaria siamo riusciti a tenere aperte per coinvolgere i giovani della città con canti, preghiere, confessioni e adorazione. 

L'interno del duomo di Pavia illuminato per la Veglia delle Palme 2019

giovedì 21 settembre 2017

Pavia e il rumore dei treni

Sembra di sentirli arrivare, pare quasi di vederli in lontananza… Come ogni settembre, si ripete l’invasione pacifica degli studenti. La storia di Pavia è indissolubilmente legata a quella della sua prestigiosa Università, nata qui nel lontano 1361. Uno degli atenei più antichi al mondo, che intrattiene con la città una relazione complicata eppure inscindibile. 
Amore, disincanto, orgoglio, sopportazione, indifferenza. C’è questo e molto altro nella centenaria relazione fra la città e il suo ateneo, fra un mondo accademico, a volte brillante a volte spocchioso, e una città magari un po’ fredda, di certo dignitosa, assolutamente insensibile alla superbia altrui. Ci sono rapporti umani, amicizie, amori, incontri e attese. Piccoli rami che si intrecciano negli anni degli studi e che, a volte, resistono nel tempo. 
Inizia un nuovo anno accademico, si aprono nuove strade per studenti pavesi e non. Si preparano nuove immagini che i pavesi osserveranno passeggiando in Strada Nuova, davanti all’imponente ingresso dell’università. Non tutti se ne accorgono, eppure varcando quel portone qualcosa cambia. L’atmosfera? Il tempo? Non è facile spiegarlo, ma lo iato è notevole. 

La stazione dei treni di Pavia vista dall'alto