martedì 2 giugno 2020

Giovani e Fase 3: facciamo vela verso Ithaca

È viola il mio primo fiordaliso di questa insolita primavera. Ha fatto capolino stamattina, come se volesse prendere parte alla ripartenza del Paese dopo il lungo isolamento. Anche lui, giovane fiore, vuole esserci. E i giovani umani invece, che possibilità hanno in questa ripartenza? 

Li semino ogni anno i fiordalisi, questi eleganti eppure rustici fiori dai leggerissimi petali azzurro/blu. Crescono in fretta, si moltiplicano con generosità, formano una macchia di colore che spazia dall’azzurro cielo al blu profondo del mare a un viola quasi cupo. Un viola che non potresti mai portare a teatro. 

Immagine di un fiordaliso viola appena sbocciato in primavera

Sono fiori resistenti, non temono troppo gli attacchi dei funghi e dei parassiti e, se dimenticate di innaffiarli un paio di giorni, basta una dose abbondante di acqua fresca per farli riprendere. Grazie ai colori pieni attirano farfalle, api, bombi e coccinelle, offrendo loro ristoro dopo il lungo volo. È facile sentirsi Gerald Durrell mentre si sta qui seduti, davanti a vasi popolati da decine di insetti diversi. La laboriosità della natura è qualcosa di straordinario, e la natura non si è mai fermata, neanche durante la Fase 1. Noi invece sì, e oggi ci troviamo davanti un mondo diverso. Forse, tutto da ricostruire. 

Siamo stati fermi, ed è stato giusto così. Ma ora non ci sono più scuse. Tutti abbiamo la nostra Ithaca (non solo quella cercata da Ulisse, anche quella cantata dal poeta Konstantinos Kavafis) verso la quale fare vela, e ci sono spazi antichi da riconquistare e spazi nuovi da scoprire. Soprattutto per noi giovani. Ci sono strade inedite da tracciare e non possiamo più aspettare, non possiamo sperare che qualcuno lo faccia per noi, non possiamo chiedere aiuti a chi ancora è impegnato a cercare di salvare castelli di ghiaccio nel deserto. 

Se «quello che cerco corre sempre a un miglio da me», è questo il momento per progettare e costruire. È oggi il giorno giusto per riprendere in mano una vita che rischia di adagiarsi sul divano. Per paura, per quieto vivere, perché forse i sogni chiedono uno sforzo troppo grande, perché sì, il rischio è rischioso. No, neanche la sindrome della capanna può valere come giustificazione, non alla nostra età. Non si può avere adesso paura di tornare a vivere, non si può dimenticare ora «l’emozione che dà il sentirsi libero». 

Tornare a vivere non significa fare apericena in duecento uno accanto all’altro, giusto per non essere fraintesi. Significa capire chi vogliamo essere, che posto vogliamo occupare nel mondo. Anche se dal mondo degli adulti non arrivano messaggi di solidarietà. Anche se i contratti spesso proposti ai giovani non danno speranze di stabilità, crescita, approdo alla fine del mese. Per tutti c’è un posto capace di generare vita nel mondo: è ora di trovarlo. E metterci il nostro nome sopra.

…Ma quello che cerco 
corre sempre
a un miglio da me.
Ma quell’orizzonte
mi attrae, brucia dentro 
mi riporta via…” 
(“Ithaca”, Nair

Nessun commento:

Posta un commento

E tu, cosa ne pensi?