lunedì 3 giugno 2019

Abbazia di Chiaravalle: dove sono i custodi della storia?

«L’Abbazia di Chiaravalle Milanese, fondata da San Bernardo di Clairvaux nel 1135, è uno tra i più importanti complessi monastici italiani, situato in Milano all’interno del Parco Agricolo Sud Milano. Ancora oggi popolata dalla tradizionale comunità monastica cistercense, è luogo di considerevole valore spirituale e polo di rilievo dal punto di vista storico, artistico e culturale. Il complesso rappresenta una meta turistica di altissimo pregio, il cui valore è stato notevolmente incrementato negli ultimi anni grazie ad interventi di restauro e di valorizzazione». 

Così si legge sul sito monasterodichiaravalle.it, nella sezione “Storia e arte”. Le aspettative dunque sono altissime: si parte alla ricerca di un luogo di pace, silenzio, sulle orme di San Bernardo e San Benedetto.

Da san Bernardo a san Benedetto, le radici dell'Europa passano anche da Chiaravalle

È da questi centri di fede, di arte e di cultura che l’Europa è nata: dalla storia conservata e trascritta in preziosi volumi, dalle tradizioni botaniche e fitoterapiche, dalle comunità che crescevano attorno ai monasteri, dalle relazioni umane coltivate nella quotidianità della campagna, dalle preghiere silenziose e notturne recitate mentre fuori dalle mura il mondo era squassato dalle guerre. 

Entrando nell’antica abbazia, lo sguardo è subito catturato dalle imponenti colonne che sembrano il punto d’incontro tra l’architettura romanica e le linee gotiche, i due stili che caratterizzano l’intera struttura. Gli antichi affreschi sono quasi interamente indecifrabili, ma non è solo il tempo il colpevole.


Le colonne sono ferite, pugnalate da centinaia di incisioni con date, firme, cuori e brevi frasi. Ricordi incivili di visite inutili, di arroganza che si fa traccia indelebile, di superficialità che cancella la storia. I graffiti certamente non sono stati fatti tutti in una volta sola: chi ha consentito che questa pratica barbara diventasse un’usanza? Chi non ha incrementato le misure di sicurezza? Chi ha taciuto mentre qualcuno, magari a pochi metri da lui, abbozzava un cuore sull’affresco centenario? 

Chi sceglie di danneggiare un pezzo di storia, cancellando quindi anche parte della sua storia, va multato. E chi vive, prega e lavora in questi posti straordinari, che sono piccoli ponti fra cielo e terra, ha il dovere di custodirli con la massima cura. Perché dietro a quel mattone c’è stato un operaio che ha speso tutte le sue forze per innalzare questo monastero, perché ogni piastrella, ogni centimetro di intonaco, racconta una storia che parla di Dio, di uomini, di preghiere, di speranze. Ogni arcata risuona delle domande, delle attese, delle paure degli uomini e delle donne che le hanno percorse. 


Un panino e una bibita a venti metri dall’abbazia sono comodi. Piacevoli come le unghie sulla lavagna, ma comodi. Ma se il cuore del luogo non resta la spiritualità, se la chiave di tutto non è l’accesso a questo ponte che porta il visitatore più vicino al cielo, che differenza rimane con i tanti altri non luoghi del ritrovo domenicale?

1 commento:

  1. ἐλευθερία χάρις ὄνειρος24 giugno 2019 alle ore 11:49

    Hai proprio ragione! Nessun controllo e una certa superficialità nella presenza del baretto che assorbe immediatamente le richieste di una "sete" e di una "fame" che troverebbero ben altro ristoro in abbazia... da qui le colonne in rovina.

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