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sabato 7 settembre 2019

Pavia rinasce dal rispetto

Il Ticino fotografato dal ponte dell'Impero, con il Duomo e il Ponte Coperto sullo sfondo

Dal 1361 Pavia accoglie studenti, intellettuali, professori. Un fiume di cultura e pensiero che, grazie alla sua università, tra le più antiche al mondo, l’antica Ticinum ha saputo convogliare nelle sue viuzze longobarde, nelle sue aule, donando nuove opportunità di studio e di crescita, umana e professionale. Pavia non merita l’ingratitudine. I pavesi non meritano l’insulto gratuito. In questa città, che è stata capitale del regno longobardo, c’è ancora amore per la propria storia e voglia di riscatto.  

Pavia ha attraversato una profonda crisi, Pavia è mutata, Pavia forse ha perso anche la bussola. Ma guardatela al tramonto, guardate i raggi del sole sui tetti rossi e sulle torri e sui campanili: Pavia non ha mai smesso di brillare. Neanche quando è stata ferita dalle bombe, neanche quando le industrie se ne sono andate, neanche quando la sua Torre Civica è precipitata al suolo. Pavia rinasce dal rispetto di chi la vive ogni giorno.

martedì 31 maggio 2016

Il rispetto gerarchizzato e la dignità umana

"Che nelle scuole si insegni il rispetto di genere fin dai primi anni, perché anche questo fa la differenza." (Laura Boldrini, 30/05/2016)

Mi inquieta l’idea che sta dietro a questa frase, l’idea di un rispetto categorizzato, gerarchizzato oserei dire. C’è il rispetto di genere, il rispetto sul lavoro, il rispetto a scuola, il rispetto per i genitori, il rispetto per i fratelli, il rispetto per gli immigrati, etc etc… Ma il rispetto per l'uomo?
Il 22 maggio 2009 è arrivato nelle librerie “Toppy, un moscerino dal cuore grande”, il mio primo libro. E’ stato più volte recensito come libro “contro i pregiudizi”, “per il rispetto”, “la solidarietà”, e sono osservazioni vere, aderenti alla favola. Però l’avventura vissuta da Toppy e Zippy non è solo questo: la scena di bullismo alla quale assistono mette profondamente in crisi l’idea di un rispetto gerarchizzato. Vittima di due bulli, infatti, è un personaggio forte, che a sua volta è stato prepotente con i nostri piccoli moscerini. 
Toppy vuole raccontare che il nostro cuore impazzisce di fronte all’ingiustizia, alla violenza. Non importa se essa sia perpetrata contro un uomo, una donna, un italiano, un inglese, una canadese, un trentenne, una cinquantenne, una sportiva, un signore in sovrappeso, e potremmo continuare all’infinito.

lunedì 9 settembre 2013

Pavia spera per la pace

Nonostante il caos della notte bianca c'è stata la possibilità di fare una visita silenziosa in Carmine, dove tantissimi pavesi si sono fermati in silenzio, vicini a piazza San Pietro, vicini a tutti "gli uomini e le donne di buona volontà" che chiedono a gran voce la pace. Solo un portone divideva dal frastuono, eppure neanche un briciolo del rumore della città scuoteva l'atmosfera della chiesa. Pavia spera per la pace.

Dall’intervista a Mons. Giovanni Giudici, Avvenire, 6 settembre 2013:  

Quale valore ha il digiuno per la pace? Il digiuno è un invito esplicito fattoci dal Signore e questo è già un punto di riferimento. Ricordo poi l’aspetto antropologico, mettere in luce l’attenzione di una persona a un’idealità, a un impegno o a un incontro possibile. Il digiuno deve infine diventare l’occasione di donare agli altri un bene che sottraggo alla mia disponibilità. (…)
Nello specifico del conflitto siriano quali sono le alternative possibili alla guerra? Il punto di svolta ci sarebbe se tutte le nazioni industriali del pianeta, produttrici delle armi presenti sul teatro di guerra, si mettessero d’accordo per fermare il traffico e la vendita degli armamenti. È chiaro che nel giro di non tanti giorni l’esaurimento delle scorte farebbe mutare l’atteggiamento dei belligeranti. Sarebbe, dal punto di vista culturale e politico, un grande passo avanti. Dobbiamo premere sull’opinione pubblica perché ciò avvenga. (…)
Questa giornata voluta dal Papa sarà un momento di svolta per chi crede nella giustizia e ripudia la guerra? Si, perché mostra con più evidenza di molti eventi precedenti che sono in gioco tante cose che sarebbero compromesse dalla guerra. Mentre non le compromette la ricerca sincera della giustizia nella pace.”

domenica 23 dicembre 2012

La speranza nel Natale

“Se mi fosse concesso di lasciare nella mezzanotte il trasognato rapimento della liturgia, e aggirarmi per le strade della città, e bussare a tutte le porte, e suonare a tutti i campanelli, e parlare a tutti i citofoni, e dare una voce sotto ogni finestra illuminata, vorrei dire semplicemente così:
Buon Natale, gente! Il Signore è sceso in questo mondo disperato. E all'anagrafe umana si è fatto dichiarare con un nome incredibile: Emmanuele! Che vuol dire: Dio-con-noi. Coraggio! Ai tempi di Adamo, «egli scendeva ogni meriggio nel giardino a passeggiare con lui» (Gn 3,8). Ma ora ha deciso di starsene per sempre quaggiù, perché non si è ancora stancato di nessuno e continua a scommettere su di noi.
Mi chiedo, però, se questi auguri, formulati così, magari all'interno di un piano-bar, o di una sala-giochi, o di una discoteca, o di un altro tempio laico dove la gente, tra panettoni e champagne e luci psichedeliche, sta trascorrendo la notte santa, siano capaci di reggere il fastidio degli atei, lo scetticismo degli scaltri, il sorriso dei furbi, la praticità di chi squalifica i sogni, il pragmatismo di chi rifiuta la poesia come mezzo di comunicazione.
Mi domando se gli auguri di Natale formulati così, magari all'interno della Stazione Centrale dove tanta gente alla deriva trova riparo dal freddo notturno nella sala d'aspetto (ma senza che aspetti più nulla e nessuno)..., faranno rabbia o tenerezza, susciteranno disprezzo o solidarietà, provocheranno discredito o lacrime di gioia.
Mi interrogo come saranno accolti questi auguri dalla folla dei nuovi poveri che il nostro sistema di vita ignora e perfino coltiva. Dagli anziani reclusi in certi ospizi o abbandonati alla solitudine delle loro case vuote. Dai tossico-dipendenti prigionieri di una insana voluttà di autodistruzione. Dagli sfrattati che imprecano contro il destino. Dagli ex carcerati che non trovano affetto. Dai dimessi degli ospedali psichiatrici che si aggirano come larve. Dagli operai in cassa integrazione senza prospettive. Dai disoccupati senza speranze. Da tutta la gente, insomma, priva dell'essenziale: la salute, la casa, il lavoro, l'accesso alla cultura, la partecipazione.
Mi domando che effetto faranno gli auguri di Natale, formulati così, su tanta gente appiattita dal consumismo, resa satura dallo spreco, devastata dalle passioni. Sulla moltitudine di giovani incerti del domani, travagliati da drammi interiori, incompresi nei loro problemi affettivi. Sulle folle di terzomondiali che abitano qui da noi e ai quali ancora, con i fatti, non abbiamo saputo dimostrare di esser convinti che Gesù Cristo è venuto anche per loro.
Mi chiedo per quanti minuti rideranno dinanzi agli auguri di Natale, formulati così, coloro che si sono costruiti idoli di sicurezza: il denaro, il potere, lo sperpero, il tornaconto, la violenza premeditata, l'intolleranza come sistema, il godimento come scopo assoluto della vita.
E allora? Dovrei abbassare il tiro? Dovrei correggere la traiettoria e formulare auguri terra terra, a livello di tana e non di vetta, a misura di cortile e non di cielo?
No. Non me la sento di appiattire il linguaggio. Sono così denutrite le speranze del mondo, che sarebbe un vero sacrilegio se, per paura di dover sperimentare la tristezza del divario tra la formulazione degli auguri e il loro reale adempimento, mi dovessi adattare al dosaggio espressivo dei piccoli scatti o dovessi sbilanciarmi sul versante degli auspici con gli indici di prudenza oggi in circolazione.
Anzi, se c'è una grazia che desidero chiedere a Gesù che nasce, per me e per tutti, è proprio quella di essere capace di annunciare, con la fermezza di chi sa che non resteranno deluse, speranze sempre eccedenti su tutte le attese del mondo.
Buon Natale!” (don Tonino Bello)

Quest'anno ho scelto di augurarvi buon Natale con le parole di un grande profeta del dialogo: don Tonino Bello. Spero comprenderete la mia scelta, leggendo con me il grande anelito di speranza e sogni che traspare dalle sue parole, ma che mi auguro possa vivere nel cuore di ognuno di noi.
I miei auguri più cari a tutti voi, con un grazie sinceramente commosso per i grandi doni che mi avete lasciato durante questo anno ricco di favole. Vi abbraccio tutti. Giacomo 

martedì 27 marzo 2012

"Earth Hour 2012". Un'ora di buio, per un futuro di luce

Quando si spengono le luci, a volte arriva la paura; ci si sente impotenti, circondati, osservati. A volte il buio più profondo ci fa mancare il respiro, a volte ci fa perdere il senso dell’orientamento. Eppure, vi sono occasioni nelle quali il buio è un momento magico. Pensiamo alle luci di un palasport, che improvvisamente si spengono per l’inizio di un concerto, pensiamo alle luci di un teatro, che dolcemente si addormentano per regalarci uno spettacolo, alle luci spente per una bella sorpresa o un momento romantico… Manca qualcosa? Sì. Le luci spente quaggiù, per invitarci ad alzare lo sguardo, lassù. Si tratta di “Earth Hour”: sessanta minuti di buio per edifici pubblici e privati, monumenti e sedi aziendali; simbolo dell’impegno concreto e reale per costruire un futuro più pulito. Quest’anno l’appuntamento è per sabato 31 marzo 2012, dalle h. 20.30 alle h. 21.30.

Giusto per darvi qualche dato, pensate che l’anno scorso, il 2011, l’evento ha coinvolto 135 paesi, quasi 1.8 miliardi di persone e ben 2000 aziende. Tutti possiamo fare qualcosa: spegniamo le luci nelle nostre case, lasciamo a riposo computer, televisioni e macchine. Usciamo, e viviamo la nostra città, almeno per sessanta minuti, a piedi. Scopriremo angoli nuovi, prospettive mai osservate, ma soprattutto rivedremo le stelle e, forse, ci ricorderemo della nostra amica Natura…
Mi raccomando, raccontiamo questo momento così particolare ai bambini; sarà emozionante scoprire che, a volte, spegnere una luce significa lasciare spazio ad un’altra, infinitamente più bella. http://www.wwf.it/