martedì 9 marzo 2021

Sanremo e l'amara sorpresa

Il 71° Festival di Sanremo è stato uno spettacolo blasfemo? Forse, ma non “solo”. Il sipario è ormai calato, eppure le esibizioni che hanno preso vita sul palco dell’Ariston continuano a far discutere. 

Il vescovo di Ventimiglia – San Remo, monsignor Antonio Suetta, è intervenuto pubblicamente con un comunicato parlando di «ricorrenti occasioni di mancanza di rispetto, di derisione e di manifestazioni blasfeme nei confronti della fede cristiana, della Chiesa cattolica e dei credenti, esibite in forme volgari e offensive». 

In una successiva intervista alla Nuova Bussola Quotidiana, realizzata da Andrea Zambrano, monsignor Suetta ha poi parlato esplicitamente dei “quadri” di Achille Lauro, affermando: «Achille Lauro evidentemente, non avendo niente di buono da mostrare, pensa di attirare l’attenzione offendendo e dissacrando». 

Fiorello e Amadeus

Una presa di posizione netta, inaspettata in tempi di dominio del politicamente corretto, nata, queste le parole del vescovo, «per confortare la fede “dei piccoli”». Ci sono simboli cristiani che sono stati (ab)usati per creare performance altrimenti prive di attrattiva, ci sono immagini che hanno ferito profondamente una parte del pubblico televisivo, basta leggere sui social i commenti sconcertati di tanti telespettatori. 

Sì, anche dei telespettatori “piccoli”, di quel pubblico magari più avanti con l’età, che con ingenuità e fiducia nella Rai si è sintonizzato sul Festival pensando di trovare cinque serate di musica e spensieratezza dopo un anno tanto difficile, e invece ha ricevuto un’amara sorpresa (il calo degli ascolti non sarà colpa del coprifuoco e delle zone arancioni, no?). 

Detto questo, lo sconcerto per la 71° edizione del Festival di Sanremo non è provocato “solo” dal calpestio cinico del sentimento religioso di tante persone. Sul palco dell’Ariston è mancata l’arte. E questa assenza era così dirompente che è stato necessario costruirci attorno siparietti trash, gag stantie e travestimenti blasfemi per tentare disperatamente di tenere in moto una macchina progettata senza motore, di tenere acceso un camino senza fiamma, di far sbocciare fiori senza acqua. 

Né il travolgente medley di Loredana Bertè, né il poetico omaggio al maestro Ennio Morricone, né la raffinata lezione di interpretazione di Ornella Vanoni, né il doveroso spazio dedicato ad Alex Schwazer, né l’emozione contagiosa di Giovanna Botteri, né gli altri (pochi) ritagli di ossigeno avrebbero potuto risollevare una scaletta appesantita dal cattivo gusto e dalla mediocrità. 

Sul palco dell’Ariston resta la musica. Sono le sette note che attraversano realmente la storia, che superano i confini nazionali, che regalano emozioni e, a volte, anche quel potere catartico che solo l’arte sa attivare nell’animo dello spettatore

Stride il silenzio della critica, che molto più e molto prima dei “piccoli” dovrebbe riconoscere i pericoli del cattivo gusto e denunciarli. Per farlo serve trasgressione, quella vera. E, purtroppo, manca. 

Leggi anche https://parcodigiacomo.blogspot.com/2020/11/giuni-russo-e-milva-il-duetto.html 

(Image from Festival di Sanremo’s official Facebook page)

Nessun commento:

Posta un commento

E tu, cosa ne pensi?