L’hashtag #VaccinoAiGiornalisti è l’ultima frontiera dell’attacco social a chi fa informazione. Proposto poche ore fa, in abbinamento alla notizia della sospensione del vaccino AstraZeneca per effetti avversi, ha subito raccolto centinaia di tweet. Quasi tutti, banale dirlo, anonimi.
Dato che la stampa è ormai considerata colpevole della pandemia quasi quanto il virus, la speranza di molti utenti social è che proprio ai giornalisti vengano somministrate le dosi bloccate.
Ma la "provocazione" è strumentale (oltre che di pessimo gusto), perché tra i primi a non chiedere la priorità, e a combattere l’idea della corporazione privilegiata, ci sono proprio tanti giornalisti.
Più cauta la posizione dell’Ordine dei Giornalisti nazionale, con il presidente Carlo Verna che ha ricordato: «Abbiamo atteso valutazioni sulle priorità nelle vaccinazioni, ritenendo che non si potesse parlare di noi se non dopo aver concluso la fase riguardante i medici e la tutela del sistema scolastico».
Non solo, il presidente Verna ha anche invitato gli editori a collaborare per segnalare le situazioni di maggiore esposizione al pericolo del contagio, riconoscendo le differenze fra chi ogni giorno è in strada a caccia di notizie (collaboratori esterni, inviati e fotografi) e chi lavora al desk, magari in smart working da mesi (redattori, capiservizio, etc).
Gaia Tortora ha scritto: «Faccio la giornalista ma non sono in "pericolo" come colleghi che operano sul campo. Detto ciò trovo la polemica tra categorie stucchevole. Noi tutti al vaccino ci stiamo avvicinando. Pensate a chi non ha avuto questa fortuna e non c'è più».
D’accordo anche Francesca Fagnani, che ha twittato: «In alcune regioni tra le categorie che sgomitano per avere il vaccino prima degli altri ci sono i giornalisti. Da giornalista, da cittadina trovo che sia una vergogna tentare di scavalcare le persone più fragili, dopo tutto quello che abbiamo visto accadergli».
Come noi, decine di colleghi hanno espresso una posizione simile. Perché? Per una semplice questione di umanità, perché chi fa ogni giorno cronaca non può restare indifferente di fronte alla vita, specialmente quando è più fragile e indifesa.
Perché la crisi epocale che sta travolgendo il settore impone risposte urgenti, in modo particolare nei confronti dei giovani giornalisti, dei freelance e dei precari. Che di una priorità per il vaccino senza futuro lavorativo se ne fanno ben poco. E ancora, perché ci sono tanti giornalisti che non hanno intenzione di farsi vaccinare ora contro il covid-19. Per motivazioni personali, mediche o etiche.
La guerra alla stampa (presentata come un monolite grigio) fa comodo a chi vuole andare in tendenza sui social, ma non aiuta a comprendere la realtà. Oggi più che mai è necessario restituire ossigeno alla libertà di stampa, chiedendo proprio ai giornalisti di illuminare la realtà e raccontare la verità. Questo è il nostro lavoro.
Leggi anche https://parcodigiacomo.blogspot.com/2021/02/ossigeno-alla-liberta-di-stampa.html
(Images from Twitter)
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