È viola il mio primo fiordaliso di questa insolita
primavera. Ha fatto capolino stamattina, come se volesse prendere parte alla ripartenza del Paese dopo il lungo isolamento. Anche lui, giovane fiore, vuole
esserci. E i giovani umani invece, che possibilità hanno in questa ripartenza?
Li
semino ogni anno i fiordalisi, questi eleganti eppure rustici fiori dai
leggerissimi petali azzurro/blu. Crescono in fretta, si moltiplicano con
generosità, formano una macchia di colore che spazia dall’azzurro cielo al blu
profondo del mare a un viola quasi cupo. Un viola che non potresti mai portare
a teatro.
Sono fiori resistenti, non temono troppo gli attacchi dei funghi e dei
parassiti e, se dimenticate di innaffiarli un paio di giorni, basta una dose
abbondante di acqua fresca per farli riprendere. Grazie ai colori pieni
attirano farfalle, api, bombi e coccinelle, offrendo loro ristoro dopo il lungo
volo. È facile sentirsi Gerald Durrell mentre si sta qui seduti, davanti a vasi
popolati da decine di insetti diversi. La laboriosità della natura è qualcosa
di straordinario, e la natura non si è mai fermata, neanche durante la Fase 1. Noi
invece sì, e oggi ci troviamo davanti un mondo diverso. Forse, tutto da
ricostruire.
Siamo stati fermi, ed è stato giusto così. Ma ora non ci sono più
scuse. Tutti abbiamo la nostra Ithaca (non solo quella cercata da Ulisse, anche
quella cantata dal poeta Konstantinos Kavafis) verso la quale fare vela, e ci
sono spazi antichi da riconquistare e spazi nuovi da scoprire. Soprattutto per
noi giovani. Ci sono strade inedite da tracciare e non possiamo più aspettare,
non possiamo sperare che qualcuno lo faccia per noi, non possiamo chiedere aiuti
a chi ancora è impegnato a cercare di salvare castelli di ghiaccio nel deserto.
Se «quello
che cerco corre sempre a un miglio da me», è questo il momento per progettare e
costruire. È oggi il giorno giusto per riprendere in mano una vita che rischia
di adagiarsi sul divano. Per paura, per quieto vivere, perché forse i sogni
chiedono uno sforzo troppo grande, perché sì, il rischio è rischioso. No, neanche
la sindrome della capanna può valere come giustificazione, non alla nostra età.
Non si può avere adesso paura di tornare a vivere, non si può dimenticare ora «l’emozione
che dà il sentirsi libero».
Tornare a vivere non significa fare apericena in
duecento uno accanto all’altro, giusto per non essere fraintesi. Significa capire
chi vogliamo essere, che posto vogliamo occupare nel mondo. Anche se dal mondo
degli adulti non arrivano messaggi di solidarietà. Anche se i contratti spesso
proposti ai giovani non danno speranze di stabilità, crescita, approdo alla
fine del mese. Per tutti c’è un posto capace di generare vita nel mondo: è ora
di trovarlo. E metterci il nostro nome sopra.
“…Ma quello che cerco
corre sempre
a un miglio da me.
Ma quell’orizzonte
mi attrae, brucia dentro
mi riporta via…”
corre sempre
a un miglio da me.
Ma quell’orizzonte
mi attrae, brucia dentro
mi riporta via…”
(“Ithaca”, Nair)
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