Una festa delle Sante Spine diversa, in un duomo che si
riempie a fatica di fedeli, tutti ben distanziati. È dal 1499 che la cattedrale
di Pavia custodisce tre spine che provengono dalla croce di Cristo, e da secoli
la città, nel lunedì dopo Pentecoste, si ritrova nel suo duomo per rendere
omaggio alle Sante Spine.
Il segno è la processione che attraversa le strade
del centro storico, una processione che raccoglie migliaia di pavesi e che è
guidata dalla grande cupola illuminata, come una stella polare
nella notte. Quest’anno, per la prima volta, niente di tutto questo è possibile.
Ci si ritrova così in duomo, rispettando distanze e norme igieniche.
Quando manca
ancora più di mezz’ora all’inizio della celebrazione arriva un’antica signora, che fatica a
camminare. Il passo incerto è sorretto da un girello, mentre una badante
premurosa la segue a distanza ravvicinata. La signora è un po’ spaesata dai numerosi
cartelli (“Igienizza le mani” – “Siediti qui” – “Non inginocchiarti”), ma vuole
partecipare alla Messa. La sua determinazione vince anche la fragilità dei suoi
passi, tanto che riesce a trovare posto vicino alla statua della Madonna, a
pochi metri dall’altare.
Fa fatica a stare in piedi, eppure si alza ogni volta
che la liturgia lo richiede. Fa fatica a respirare, eppure non abbassa mai la
mascherina, se non pochi istanti per la Comunione. Al termine della Messa si fa
largo tra la gente, disperde con il girello l’assembramento in formazione: vuole
avvicinarsi alle Sante Spine e pregare. E ce la fa. Anche se ogni passo fa
temere una caduta, anche se stare in piedi ferma è una sofferenza evidente,
palpabile. Si ferma, prega, poi guarda la badante, sorride con gli occhi, e
le sussurra: “Finalmente”.
Il senso della fede è tutto qui. Nell’attesa che
questa signora ha vissuto durante il lockdown, nella gioia di un incontro visibile nei suoi occhi, occhi che non sembravano più stanchi. Le
Sante Spine sono la festa di Pavia, e un pavese non può mancare. Anche chi non
crede difficilmente si perde la processione delle Sante Spine.
Curiosamente, quest’anno
mancavano all’appello proprio quelle persone che durante il lockdown hanno
fatto di tutto per partecipare a Messe segrete per pochi raccomandati. Ma mancavano
solo loro, perché le Sante Spine sono la festa di Pavia. Della comunità
cristiana e civile, delle autorità e dei volontari, dei cittadini e dei fedeli,
dei giovani e dei vecchi. E Pavia ha risposto anche quest’anno, nonostante
tutte le limitazioni.
Il vescovo, come da tradizione, ha dato il suo messaggio
alla città, ed è possibile leggerlo integralmente cliccando sul sito della diocesi di Pavia (reportage in edicola venerdì 5 sul nuovo numero de il
Ticino).
Essere cristiani è prendere un girello e arrancare fino in duomo per
gioire ancora una volta, come se fosse la prima, davanti alle Sante Spine. Essere
cristiani è credere che, nonostante tutte le piccolezze umane, pregando insieme,
con la Chiesa e come Chiesa, si può cambiare il mondo. La Chiesa c’è.
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