«Siamone certi: nessuna lacrima, né di chi soffre, né di
chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio». (Benedetto XVI)
Qualcuno è
rimasto solo. Qualcuno ha perso il lavoro. Qualcuno ha perso se stesso. Finalmente
muoviamo i primi passi fuori casa: il lockdown è finito, ma lo spettacolo che
troviamo nelle nostre strade non è quello che ci aspettavamo. Non tutto si è
congelato, rimanendo così protetto dallo scorrere del tempo. Ci sono
saracinesche che forse non si alzeranno più, ci sono volti che non incontreremo
più, e ci sono sorrisi che non riconosciamo. La ripartenza, la rinascita, la
Fase 3. Belle parole che faticano a diventare realtà.
Durante l’isolamento i
libri e i dischi hanno dato colore alle giornate, e ci sono due canzoni che
sembrano scritte ieri per raccontare l’oggi. Si tratta di “E io ho visto un
uomo”, composta da Enzo Jannacci, interpretata da Milva e contenuta nell’album “La
Rossa”, Ricordi, 1980. E di “Solitudini”, composta e interpretata da Nair e
contenuta nell’album “Ithaca”, Alabianca Records, 2011. Se è vero, come dice la
Rossa, che non basta una canzone per cambiare il mondo, è vero che una buona
canzone può allargare lo sguardo sulla realtà, può parlare al cuore e
risvegliare l’umano.
Oggi «non c’è tempo e poi non c’è mai voglia di capire», perché
la mascherina e gli occhiali e i guanti ci proteggono anche dalla sofferenza
degli altri. Quello sguardo ritrovato dopo tre mesi appare così cambiato, così
spento, annebbiato dal troppo dolore vissuto, fa un po’ paura. Perché ricorda
che non è andato tutto bene. Quando ci si incontra sembra di partecipare a «un
ballo in maschera di smoking e clochard», un grande ritrovo nel quale solo
apparentemente siamo tutti uguali, ma in realtà qualcuno danza un valzer nel
grande salone di un transatlantico, e qualcuno ondeggia all’aperto, rubando
qualche nota che esce da una finestra dimenticata aperta.
Chissà perché quella
persona arranca, chissà perché ha il fiatone. Forse, oltre alle borse della spesa porta con sé
un dolore indicibile, ma «la gente guardava e non domandava se avesse qualcosa,
magari un malore». Queste due canzoni sono un monito, una scossa per la
coscienza. La voce profonda e piena di chiaroscuri di Milva e la voce limpida e
cristallina di Nair sono una carezza sul cuore che sembra sussurrare: non
arrenderti, non nascondere la fragilità, non temere i tuoi limiti. Si riparte
insieme, riscoprendo il silenzio e facendo memoria di chi non è più con noi, immaginando
un futuro più umano, liberando lo sguardo per lasciare che torni verso il
cielo.
L’album “Ithaca” è dedicato a Ernesto Olivero. Da cittadino onorario di
Bergamo, pochi giorni fa Olivero ha voluto dedicare un pensiero alla città. Un
pensiero universale. Buon ascolto, buona lettura, buona ripartenza.
“Quando l’uomo
è in ginocchio
non è la fine
è il nuovo inizio
è in ginocchio
non è la fine
è il nuovo inizio
perché in quella posizione
può pregare.
Lì, quando il mondo
dice che sei finito,
hai un nuovo inizio
colmo di preghiera
colmo di sofferenza
da offrire.”
può pregare.
Lì, quando il mondo
dice che sei finito,
hai un nuovo inizio
colmo di preghiera
colmo di sofferenza
da offrire.”
(“Un nuovo inizio”, Ernesto Olivero,
fondatore del Sermig di Torino)
Leggi anche https://parcodigiacomo.blogspot.com/2020/04/isolamento-milva-intervista-fine-coronavirus.html
(Image by dmytro_R from Pixabay)
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