«Quando [Gesù] fu a tavola con loro, prese il pane, recitò
la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e
lo riconobbero». (Lc 24, 30-31)
Lunedì 18 maggio riprende la celebrazione
delle Messe con concorso di popolo, dopo una sospensione inedita e lunghissima:
in Lombardia è dal 23 febbraio scorso che i fedeli non possono partecipare di
persona alle celebrazioni. Giovedì 7 maggio è stato reso noto il protocollo firmato dalla Conferenza episcopale italiana e dal Governo, per consentire la
partecipazione dei fedeli in sicurezza e nel rispetto del Dpcm anti-contagio.
L’Arcivescovo
di Venezia, il patriarca Francesco Moraglia, già l’11 maggio ha diffuso un
vademecum nel quale le indicazioni presenti nel protocollo sono calate
concretamente nei gesti e nei riti che caratterizzano le celebrazioni. Non un
semplice elenco di norme e indicazioni, ma uno sguardo appassionato sulla Messa
in tempo di coronavirus, perché la Messa non è un’occasione di assembramento
come tante altre, ma «il gesto più alto che rende Chiesa».
Di seguito, ve ne propongo un breve riassunto. Cliccando qui potete trovare il testo completo, di 8 pagine, presente sul sito della diocesi di Venezia. Un altro efficace sunto è stato preparato per Avvenire dal collega Riccardo Maccioni, lo potete trovare cliccando qui. Con la collaborazione di tutti, il 18 maggio sarà un giorno di gioia. Ogni piccolo sacrificio individuale è un seme di bene che presto germoglierà per tutti.
Di seguito, ve ne propongo un breve riassunto. Cliccando qui potete trovare il testo completo, di 8 pagine, presente sul sito della diocesi di Venezia. Un altro efficace sunto è stato preparato per Avvenire dal collega Riccardo Maccioni, lo potete trovare cliccando qui. Con la collaborazione di tutti, il 18 maggio sarà un giorno di gioia. Ogni piccolo sacrificio individuale è un seme di bene che presto germoglierà per tutti.
Chi può andare in chiesa?
Si può partecipare di persona
alle Sante Messe solo se non si presentano sintomi influenzali/respiratori, se
la propria temperatura corporea non è uguale o superiore a 37,5° C, e solo se
non si è entrati in contatto con persone positive al covid19 nei giorni
precedenti. Per accedere alla chiesa è obbligatorio indossare la mascherina,
coprendo sia naso che bocca, e disinfettarsi le mani all’ingresso con il gel
messo a disposizione dalla parrocchia. Chi desidera può anche indossare guanti
monouso, avendo cura di tenerli per tutta la durata della celebrazione.
In quanti si può partecipare alle Messe?
Spetta al parroco, il legale
rappresentante, stabilire il numero massimo di persone che possono accedere al
luogo di culto mantenendo sempre la distanza minima di almeno 1,5 metri l’una
dall’altra. Il parroco, assieme ad alcuni fidati collaboratori (la
responsabilità però rimane del parroco), ha il compito di far rispettare la
capienza massima stabilita, prendendo in considerazione l’ipotesi di aumentare
il numero delle Messe o di celebrarle all’aperto (il Dpcm per le funzioni al
chiuso fissa un numero massimo di 200 persone, all’aperto il numero massimo
sale a 1.000).
Come ricevere la Comunione?
«Il celebrante e gli eventuali
altri ministri della Comunione – scrive il patriarca Moraglia – disinfettino le
loro mani con disinfettante alcolico, indossino guanti monouso nuovi e
mascherina (coprendo accuratamente naso e bocca), offrano la Comunione esclusivamente
sulla mano dei fedeli, nel porre l’ostia ai fedeli abbiano cura di mantenere un’adeguata
distanza di sicurezza e di non toccare le loro mani». Quando si è in fila per
ricevere la Comunione bisogna indossare la mascherina su bocca e naso,
togliendola solo i pochi istanti necessari a ricevere l’ostia.
Maccioni su
Avvenire ricorda che: «va rispettata la distanza di 1,5 metri uno dall’altro e di
almeno un metro tra la fila e i fedeli che sono al posto; non ci devono essere
file parallele di fedeli distanti meno di 1,5 metri l’una dall’altra». Per
la prolungata permanenza del virus sulle superfici, nei luoghi destinati ai
fedeli non siano presenti sussidi per i canti o di altro tipo.
Una comunità viva
«Queste
norme – scrive il patriarca Moraglia – si propongono di essere uno strumento di
comunione per la Chiesa, facendo in modo che le celebrazioni non si concentrino
o non si riducano solo alla gestione di questioni tecniche».
Questioni tecniche pur importanti, perché: «attraverso di esse si tutela
il bene della salute pubblica e, in primis, dei più fragili. Questo deve starci
massimamente a cuore!».
Ciascun fedele è coinvolto in prima persona: «Ognuno
di noi è chiamato a fare un passo indietro (i disagi non saranno pochi), affinché
l’intera comunità, in modo sinodale, faccia un passo in avanti, riscoprendosi
attorno all’altare comunità eucaristica, condividendo il
gesto più alto che rende Chiesa».
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