«Ma cerchi San Pietro in Ciel d'Oro, chi vuol andar per pace.
Lo cerchi nella sua piazza remota, un tempo spaziante e mossa d'alberi, ora ingombra
d’un pesante casone, che è un pugno nell'occhio della piazza e di chi la
guarda. Se pensi che lì dentro, in un'arca d'avorio del Trecento (opera dei
fratelli Senesi), trovano pace da secoli le inquiete ossa di Sant'Agostino. La
basilica, anche per quel suo scendere giù (“giuso in Ciel d'auro”), pare
inginocchiarglisi innanzi, in un gran singhiozzo delle Confessioni».
(da “Viaggio in Pavia”, di Cesare Angelini)
Sostare in silenzio nella basilica
di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia significa scoprire che quel silenzio è in
realtà denso di parole sussurrate. Sant’Agostino continua incessantemente a
chiedere verità, San Severino Boezio dona consolazione con la filosofia, Santa
Rita ascolta con pazienza anche le cause impossibili, la Madonna del Buon
Consiglio suggerisce la via ai confusi, Santa Monica protegge le mamme che soffrono
a causa dei figli. I rumori della città scompaiono, coperti dal cinguettio degli
uccellini che popolano il chiostro.
Qui, come forse in nessun altro luogo, è
possibile il dialogo con Chi è più intimo a me di me stesso. Qui, è possibile
ritrovare quella pace cantata da Cesare Angelini, la pace che muove i passi di
chi entra in Pavia, l’antica Ticinum.
L’umanesimo cristiano, la città a misura
d’uomo, l’inquietudine che risveglia la coscienza: basta sedersi qui, su una
panca della basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, e tutto trova la sua perfetta
collocazione.
«E quasi non bastasse quel colosso di santità a dar gloria alla basilica,
nella cripta giace il corpo di San Severino Boezio, e, sotto un pilone, quello di
re Liutprando. Proprio qui avvenne l'incontro di papa Zaccaria col re che, per
ringraziare il Pontefice della sua buona amicizia, fece trasportare dalla Sardegna
le ossa del Santo. Il Petrarca si commoveva visitando questo “grande consorzio”
di santi, di filosofi e di re; e il Boccaccio ne aiutò la fama con la penultima
novella del Decamerone, quella di messer Torello. Letteratura che non guasta».
(da “Viaggio in Pavia”, di Cesare Angelini)
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