venerdì 4 novembre 2016

Viaggio in Pavia

“Il bel tempo a Pavia è un accorto compromesso tra l’azzurro dei cieli longobardi e l’oro dei cieli latini mediterranei: azzurro inverosimile al nord, verso le Alpi; incandescenza scarlatta al sud, verso gli Appennini; come abbiamo spesso veduto nei nostri viaggetti in su e in giù, quando eravamo più giovani.
Di mezzo, sta la pausa sospensiva della valle padana, nella quale la luce trova il suo temperato splendore, la sua mitezza; in essa, Pavia acquista le trasparenze e gli splendori delicati della sua storia, e i colori sepolti nei secoli delle sue pietre tornano a gemere e a rivivere, dal rosso delle torri e del castello al plenilunio di San Michele la cui arenaria vanisce in una deliquescenza subacquea."


"Anche questo è da notare; il bel tempo illumina la città dall’alto delle torri, che sono ancora parecchie e raccolte in arditissimi gruppi. Chi ha mai misurato l’influenza della loro presenza sul sentimento e sulla vita dei pavesi? Diritte, come una lezione continua di rettitudine.”


"In Pavia, le case sono ancora case, pensate, amate, ereditate: tetti di tegoli, finestre con tende abbassate come dolci ciglia, gerani ai davanzali, e gronde per le rondini. Pavia conserva l’impronta modellatrice del pollice, d’una città fatta a mano." 


“Si può dire, se mai, che, pur col buon tempo, a Pavia la luce non è mai squillante, sfolgorante, ma temperata dal pudore di un velo; e anche in giorni sereni, nel suo cielo sta sempre sospesa l’enigmatica gentilezza d’una nebbiolina, quasi argenteo incenso calato a proteggere l’intimità dei focolari." (da "Pavia col bel tempo", in Cesare Angelini, "Viaggio in Pavia", Fusi, Pavia 1976)

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