Per la prima volta siamo chiamati a trascorrere Pasquetta
chiusi nelle nostre case. Niente gita fuori porta, niente visita a una mostra,
a una città d’arte, niente pranzo con amici e parenti, niente pomeriggio a
prendere il sole, niente pedalata nel verde. Le città deserte sono pattugliate
dalle forze dell’ordine, in molti comuni sono in funzione già da oggi droni ed
elicotteri.
Che cosa possiamo fare per passare il tempo? Ascoltare il rumore del
mondo. Esatto, la risposta è fuori dalla finestra, nel canto degli uccellini,
nel fruscio delle foglie appena mosse dal vento, nelle prime api che svolazzano
attorno ai primi fiori. La cosa migliore da fare in questa Pasquetta 2020 è
ascoltare il silenzio, perché è un silenzio vivo che ha tanto da dirci.
Ascoltando
la natura, che silenziosamente parla, ritroviamo la capacità di ascoltare noi
stessi, riconosciamo la flebile ma costante vocina della nostra coscienza. Coscienza
che, a volte brutalmente, ci costringe a fare conti e bilanci. Non bisogna
offendersi: lo scopo della coscienza è semplicemente quello di aprire lo
sguardo al trascendente, di ricordare che oltre c’è altro. E la quarantena per
il coronavirus è l’occasione perfetta per stuzzicarci un po’, per mettere alla
prova le nostre convinzioni e per mettere in crisi le nostre scelte. Non bisogna
spaventarsi: se la strada è giusta, il bilancio sarà positivo. In caso
contrario, arriverà anche la forza per ripartire da zero.
La ricetta per questa
Pasquetta in isolamento è: un libro, un disco, un po’ di verde, il silenzio. L’occasione
insomma, per riscoprire il proprio giardino di città, piccolo polmone verde a misura d’uomo.
Chi non ha un giardino ha un balcone, chi non ha un balcone ha almeno una finestra,
dalla quale lasciar entrare qualche raggio di sole.
Di certo tornerà virale la
frase “andrà tutto bene”; a riguardo, durante la Messa di Pasqua celebrata questa mattina nel duomo di Pavia, il vescovo Corrado Sanguineti ha regalato uno
spunto per cambiare la prospettiva. Il silenzio di queste mattine ci richiama a
una gioia soffusa, che conserva nel cuore chi ora soffre per la pandemia.
Allarghiamo lo sguardo: la speranza continua a sbocciare.
«La frase
che in queste settimane molti hanno scritto nelle loro case, sui balconi, “Tutto
andrà bene”, certo esprime un augurio, un desiderio, tuttavia siamo sinceri:
non è vero che tutto andrà bene! Per molti le cose non sono andate bene in
queste settimane, e il futuro ci appare ancora nebuloso: c’è chi ha perso la
vita, chi è malato e non sa come e quando guarirà, ci sono familiari in ansia,
famiglie che non sanno come pagare bollette e spesa, persone che hanno perso il
lavoro o rischiano di perderlo – ha ricordato il vescovo Corrado durante l’omelia
–. Sarebbe un ottimismo irreale continuare a ripetere: “Tutto andrà bene”.
Forse si rischia di avere poco rispetto per tanti fratelli e sorelle nella prova, nel lutto, nell’incertezza sul domani.
Tuttavia, se Cristo è risorto ed è vivo, se non ci lascia soli dentro il dramma dell’umana esistenza, se non perdiamo di vista l’orizzonte dell’eterno che si dischiude nella risurrezione di Cristo, come un varco di luce nel buio della morte, allora possiamo essere certi non che tutto andrà bene, ma che tutto sarà per un bene più grande, oltre i nostri pensieri e le nostre misure, che il Dio del Signore nostro Gesù Cristo è capace di trarre il bene anche dal male, di far fiorire frutti buoni anche nel deserto che dobbiamo attraversare».
(Image by Shrikesh Kumar from Pixabay)
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