giovedì 2 aprile 2020

Di fronte al coronavirus non siamo tutti uguali

Cosa succede oggi quando si aprono le linee telefoniche in una realtà come Radio Mater? Succede che le linee vengono immediatamente intasate da centinaia di richieste di aiuto come quella della signora Anna.

Persone anziane, sole, spesso già impegnate a combattere contro qualche patologia, sfinite dalla solitudine e dalla paura. Attorno a loro c’è un vuoto d’affetti che in tempi di isolamento da coronavirus si fa insopportabile. Perché vengono a mancare tutte le occasioni di socialità che tenevano vive le relazioni: niente giro al mercato, niente Messa in parrocchia, niente chiacchiere sull’autobus, niente commissioni in posta o negli uffici pubblici.

In Lombardia è dal 23 febbraio scorso che sono sospese le Messe con concorso di popolo: per una persona abituata a parteciparvi quotidianamente, l’assenza è ormai una ferita profonda. Sì, giù le maschere: non tutte le lacrime sono uguali

Un'anziana sola in isolamento per il coronavirus

Di fronte all’isolamento non siamo tutti uguali, di fronte alla possibilità della malattia non abbiamo tutti le stesse difese. Qualcuno si lamenta perché non può andare a correre, qualcuno porta il proprio cane a fare il giro del mondo, qualcuno vorrebbe portare i bambini in quel girone infernale che sono i supermercati oggi. Ma dietro questi dibattiti, che riescono a occupare le prime pagine dei giornali, c’è un sommerso di sofferenza ignorata.

È la sofferenza degli anziani soli, per i quali “fare un tweet sdegnato” è come andare a fare un aperitivo su Marte. Chi ascolta le loro grida silenziose? È lo smarrimento degli anziani ricoverati nelle case di riposo, che non hanno neanche il conforto di vedere le persone care, che ricevono informazioni frammentarie, che faticano a comprenderle con lucidità, che assistono impotenti alla morte di tante persone ricoverate assieme a loro. Chi ascolta le loro grida silenziose? È la prigionia di centinaia, migliaia di persone con disabilità gravi, mentali e fisiche. Tappate in casa senza assistenza da settimane. Impossibilitate a vivere in streaming relazioni dalle quali sono state tagliate fuori ancor prima del contagio, perché la solidarietà e l’accoglienza sono bandiere che difficilmente sventolano sulla disabilità. Chi ascolta le loro grida silenziose?

Sono giorni che Avvenire (il cartaceo viene consegnato ovviamente con qualche ritardo, ma questi articoli non hanno una data di scadenza) dà spazio alle loro storie, o almeno a chi ha la forza e gli strumenti per contattare il giornale. E i telefoni di Radio Mater, e di tante realtà di volontariato, impazziscono per le richieste di aiuto, di compagnia, di conforto, che arrivano da ogni parte d’Italia. 


E cosa dire di medici, infermieri e farmacisti? Chi ama il suo lavoro, chi l’ha scelto come missione per aiutare gli altri, non può far altro che spendere ogni energia per cercare di salvare vite. A chi dobbiamo guardare noi oggi? Forse ai pochi che leggono le regole cercando la scorciatoia per fare ciò che vogliono? La scelta sta solo a noi. Ma ogni scelta ha le sue conseguenze.

Non dimentichiamo il grido di chi si sente avvolto in un buio impenetrabile. La Pasqua si avvicina, e dietro tante finestre chiuse ci sono persone che si sentono schiacciate dalle loro croci, ora rese più pesanti che mai. I sacrifici che ci vengono richiesti non sono attentati ai nostri desideri, ma piccoli gesti di cura e protezione per chi è più fragile di noi. 


(Image by Sabine van Erp from Pixabay)

2 commenti:

  1. Hai proprio ragione!
    Solo che purtroppo non si tratta solo degli anziani, ma anche di adulti "affetti" da una particolare sensibilità che, in condizioni normali, erano riusciti, magari a fatica, a costruire una rete e ora... non sanno più che pesci pigliare.
    Purtroppo non è sempre possibile "prendere una pastiglia" e aspettare che passi, specie con il prolungarsi dei tempi.

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  2. Le case di riposo sono dei lager anche normalmente. Figurarsi adesso. Bisognerebbe fare di tutto per evitare che gli anziani ci vadano.

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