Joseph Pulitzer scriveva: “presentalo brevemente così che
possano leggerlo, chiaramente così che possano apprezzarlo, in maniera
pittoresca che lo ricordino e soprattutto accuratamente, così che possano
essere guidati dalla sua luce.” Fare buon giornalismo oggi significa affrontare
sfide inedite, apparentemente insuperabili. La crisi della carta stampata
precarizza ulteriormente un lavoro delicato, perennemente in bilico fra
esigenze di verità e di opportunità. Ma i colpevoli (no, non i fattori) di
questa crisi sono molteplici.
A molti fa comodo che si perda l’abitudine della lettura mattutina del giornale, con i riti sociali ad essa annessi. Le chiacchiere in edicola, il confronto al bar, le conversazioni nate per caso sui mezzi pubblici sbirciando il giornale del vicino, gli articoli sottolineati e ritagliati per l’amico, o letti e commentati in classe. Con la bugia del progresso digitale, nel quale il calo delle vendite del cartaceo non è minimamente equilibrato dall’aumento delle vendite digitali, si taglia la filiera relazionale dell’informazione.