“Il capitale aspira a neutralizzare ogni comunità ancora
esistente, sostituendola con atomi isolati e single, incapaci di parlare e di
intendere altra lingua che non sia quella anglofona dell’economia di mercato.
Se la famiglia comporta, per sua natura, la stabilità affettiva e sentimentale,
biologica e lavorativa, la sua distruzione risulta pienamente coerente con il
processo oggi in atto di precarizzazione delle esistenze. Chi pensa di essere
dalla parte dell'emancipazione e del progresso perché sta dalla parte della
distruzione della famiglia borghese, sappia che il progresso e l'emancipazione
per cui lotta sono solo quelli del capitale e del fanatismo economico.” (Diego
Fusaro)
La mia generazione è cresciuta mentre infuriava la grande
battaglia contro un certo maschilismo che invadeva (è giusto usare
l’imperfetto?) la politica e il mondo dello spettacolo. Un maschilismo stanco,
un po’ becero, che scadeva in battute sessiste e proponeva messaggi e modelli
vuoti, nel tentativo ripetitivo di distrarre la fantasia libera dell’italiano
medio e dirottarla lontano dalle tante ingiustizie del quotidiano. Un
maschilismo che ha trovato anche valide alleate tra le donne (e neanche così
poche purtroppo), disposte a farsi ritrarre come marionette in cambio di
notorietà e denaro.
Un circo affascinante, luminoso e pieno di musica e
balli. Ma il costo del biglietto non è mai stato giustificato. Dietro a quei
corpi, persone e storie, vite spesso inconsapevoli del loro vero valore. “E’ un
gioco!” “Ci stiamo solo divertendo!” “Non fa male a nessuno…” Queste le bugie
più ricorrenti. Perché ferire se stessi, mortificare la propria dignità, non è
mai un atto privo di conseguenze, neanche per lo spettatore (non più)
innocente. E non lo è neanche rinchiudersi in una prigione dorata: per quanto
bella, rimane sempre una gabbia. Grazie a questa battaglia oggi diciamo no a
chi vuole incasellare un certo tipo di “donna di successo” o “donna fortunata”
nello stereotipo della velina (quando ancora va bene), ma diciamo no anche a
chi vuole omologare il mondo maschile a una massa di cinici fruitori di sogni
spezzati nascosti dietro a due belle gambe. Sono “no” secchi, che oggi sappiamo
dire con forza e determinazione.