"Il 30 gennaio si raduneranno a Roma migliaia di persone
in difesa della famiglia naturale e di un’idea di uomo che non sia staccata
dalla verità inscritta nel suo corpo. Ci raduniamo a difendere le nuove
generazioni, perché possano sempre conoscere le proprie radici; ci raduniamo
per difendere le donne da un’idea di femminilità e maternità che non sia
vissuta solo in termini di produttività e desiderio; ci raduniamo infine anche
in difesa delle persone con tendenze omosessuali, perché riscoprano la loro natura
primaria di uomini e donne, prima che di persone attratte dal proprio stesso
sesso. Tutto questo, però, chi legge già lo sa.
Quando Tempi mi ha chiesto di scrivere un articolo in vista del Family Day mi sono chiesto perciò se in questa battaglia in difesa dell’essere umano, io e le altre persone con tendenze omosessuali, abbiamo solo il compito di ribadire l’ovvio (che oggi ovvio non è, altrimenti non saremmo qui a parlare) o se piuttosto non ci sia chiesto qualcosa di diverso.
Quando Tempi mi ha chiesto di scrivere un articolo in vista del Family Day mi sono chiesto perciò se in questa battaglia in difesa dell’essere umano, io e le altre persone con tendenze omosessuali, abbiamo solo il compito di ribadire l’ovvio (che oggi ovvio non è, altrimenti non saremmo qui a parlare) o se piuttosto non ci sia chiesto qualcosa di diverso.
Io credo che, a chi come me conosce sulla sua pelle cosa
vuol dire avere un desiderio omosessuale, pur riconoscendo una verità della
persona che supera quel desiderio, spetta il compito di aiutare gli uni e gli
altri di entrambi gli “schieramenti” a intendersi, proprio per mostrare come
l’idea di un “noi” contro “loro” sia falsa in se stessa. Perché “noi”, siamo in
realtà “tutti”: esseri umani, uomini e donne. E questo, la piazza del 30 gennaio
ha il dovere di ricordarlo.
Perciò, in quest’ottica, oggi mi rivolgo a voi che questo
sabato sarete con me al Circo Massimo, perché non perdiate di vista ciò che ci
sta muovendo a lasciare qualsiasi cosa stiamo facendo, per correre a Roma da
tutte le parti d’Italia.
Quanta fatica per capire
Lo ammetto, è difficile non farsi prendere dall’entusiasmo.
Ancora una volta si è compiuto un miracolo che molti (io per primo), non
pensavano possibile: in due settimane una moltitudine è stata richiamata in
modo esponenziale, come uno tsunami che parte al largo da una piccola onda e
man mano che si avvicina alla terra solleva la sua cresta di centinaia di
metri.
Attenzione però. Perché uno tsunami finisce col
travolgere tutto ciò che tocca, lasciando dietro di sé una scia di distruzione.
E noi, credo, siamo chiamati a fare di più che essere solo travolgenti. Siamo
chiamati a fare la differenza.