I giornalisti come operatori umanitari, contro i quali
non si può usare violenza mai, neanche in contesti di guerra. C’è qualcosa di
assolutamente inedito nella sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise di Pavia
il 12 luglio 2019, con la quale è stato condannato il soldato italo-ucraino
Vitaly Markiv a 24 anni di reclusione per concorso nell'omicidio del
fotoreporter Andrea (Andy) Rocchelli.
C’è l’equiparazione dei giornalisti agli
operatori che sotto le bombe salvano vite umane, c’è il riconoscimento del giornalismo come attività essenziale per la democrazia, c’è la condanna ferma di ogni tipo
di violenza nei confronti di chi fa informazione.
Un tassello nuovo nel
dibattito sul giornalismo che Ossigeno per l’informazione vuole rilanciare per il 2 novembre, in occasione della Giornata Internazionale dell’ONU per mettere
fine all'impunità per i crimini contro i giornalisti (IDEI).
E le iniziative
messe in campo da Ossigeno sono due: «La pubblicazione di un dossier speciale
di 24 pagine dal titolo “
Guerre, giornalisti uccisi e impunità”, per raccontare
la vita e la morte del fotoreporter Andrea Rocchelli e il processo in corso a
Milano per accertare le responsabilità della sua uccisione – si annuncia sul
sito della testata –, e la pubblicazione della versione inglese dell’archivio
online ad accesso gratuito “
Cercavano la verità”
www.giornalistiuccisi.it, che
racconta le storie di 30 giornalisti italiani assassinati per impedire che
rivelassero verità scomode».
I giornalisti uccisi durante lo svolgimento della
loro professione: un’emergenza silenziosa, ricordata oggi dall'
UNESCO, come
si legge ancora sul sito di Ossigeno: «Negli ultimi quattordici anni
(2006-2019), quasi 1.200 giornalisti sono stati uccisi per il semplice fatto di
aver cercato delle notizie e averle riferito al pubblico. In media, ogni
quattro giorni è stato ucciso un giornalista. In nove casi su dieci gli
assassini sono rimasti impuniti».
Dal 1° novembre sarà dunque online il dossier
speciale “Guerre, giornalisti uccisi e impunità” (realizzato dal direttore di Ossigeno Alberto Spampinato, con Luciana Borsatti e Giacomo Bertoni), per conoscere e diffondere la
storia di Andrea (Andy) Rocchelli, fotoreporter italiano ucciso nel Donbass il
24 maggio del 2014. Il processo di secondo grado giunge intanto alle battute finali: la sentenza potrebbe arrivare già martedì 3 novembre 2020.
Il processo di
primo grado si è svolto a Pavia, e la stampa ha avuto un ruolo centrale. La
stampa come i numerosi cronisti che hanno seguito le udienze e scritto articoli
e inchieste, la stampa costituitasi parte civile nel processo con
Alg e
FNSI,
la stampa come professione scelta per passione da Andy e William, e portata
avanti nonostante difficoltà e pericoli. La stampa, infine, protagonista di una
sentenza inedita, che ha visto condannare Vitaly Markiv a 24 anni di reclusione
per concorso in omicidio.
I giornalisti sono lì, come ha ricordato più volte
l’avvocato di parte civile Giuliano Pisapia durante le udienze, «per raccontare
una realtà che altrimenti non sarebbe conosciuta». Nel caso di Andy inoltre, il
suo lavoro dava voce a chi non aveva voce, ovvero a quei civili disarmati che
vivevano ogni giorno con l’incubo che la loro casa venisse colpita. Andy ha
scelto il giornalismo come missione, come scoperta. E per la prima volta una
sentenza lo ha riconosciuto.
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