Sì, un po’ di paura c’è, inutile negarlo. Quando arriva
la sera, anzi la notte, mentre il lavoro rallenta accelerano i pensieri. Nella
mente ci sono le parole delle persone che mi hanno fermato per strada, mentre
giravo un video contributo davanti al policlinico San Matteo: «Cosa sta
succedendo davvero? Ci state dicendo tutta la verità?».
Ci sono gli scaffali vuoti dei supermercati visitati, con clienti armati di mascherine che fanno scorte di carne tali da superare tre quarantene di seguito. Ma c’è anche il messaggio del vescovo di Pavia Corrado Sanguineti che, pur sospendendo le messe con concorso di pubblico, chiede che tutti i sacerdoti continuino a celebrare a porte chiuse, e che il suono delle campane ricordi a tutti che l’Eucaristia è offerta per i vivi e i defunti.
Ci sono gli scaffali vuoti dei supermercati visitati, con clienti armati di mascherine che fanno scorte di carne tali da superare tre quarantene di seguito. Ma c’è anche il messaggio del vescovo di Pavia Corrado Sanguineti che, pur sospendendo le messe con concorso di pubblico, chiede che tutti i sacerdoti continuino a celebrare a porte chiuse, e che il suono delle campane ricordi a tutti che l’Eucaristia è offerta per i vivi e i defunti.
Ieri poi, in una piccola pausa, ho ricevuto due
immagini da due sacerdoti della diocesi di Pavia: don Marco Labate e don Luca
Roveda. «Senza il popolo, ma con tutti gli angeli del cielo e i nostri cari
defunti», scrive don Marco mentre si appresta a celebrare la santa Messa nella
sua chiesa deserta. Don Luca (sua la foto di apertura del post) prima di
iniziare la messa ricorda: «La chiesa non è mai vuota perché nella comunione dei
santi siamo uniti con i beati, i defunti e tra noi con la preghiera. Oggi una
preghiera speciale per tutti i medici, personale sanitario e infermieristico,
protezione civile, ricercatori e forze dell’ordine, le tantissime persone
impegnate in questa emergenza. Ogni giorno vi penserò nella santa Messa».
E le
loro voci sembrano risuonare tra le panche vuote, scontrarsi contro quei
portoni chiusi, ma non fermarsi lì. Come la voce di don Gabriele Bernardelli,
il parroco di Castiglione D’Adda, che non ha nascosto il pianto ai suoi fedeli
di fronte alla paura della prova, ma ha saputo ricordare loro che la preghiera
apre ogni situazione a Dio. In questi giorni avvertiamo in modo misterioso e
profondo la comunione dei santi.
Al di là di ogni formazione, di ogni professione, di ogni fede, di ogni ideologia, davanti alla possibilità della malattia siamo tutti uguali. Siamo tutti fragili, tutti finiti, tutti bisognosi. E se è vero che la paura può generare mostri, è anche vero che dalla paura possono liberarsi scintille di responsabilità e solidarietà.
Al di là di ogni formazione, di ogni professione, di ogni fede, di ogni ideologia, davanti alla possibilità della malattia siamo tutti uguali. Siamo tutti fragili, tutti finiti, tutti bisognosi. E se è vero che la paura può generare mostri, è anche vero che dalla paura possono liberarsi scintille di responsabilità e solidarietà.
Il messaggio stesso del
sindaco di Milano Sala ha toccato, con particolare garbo, bisogna riconoscerlo,
un nodo centrale e molto italiano: occorre mettere da parte le distanze, anche
quelle apparentemente insuperabili, per il bene comune. Pochi come gli italiani
sanno dividersi per sciocche diatribe, pochi come gli italiani sanno unirsi di
fronte a grandi difficoltà. È il momento della responsabilità, forse anche di qualche sacrificio.
Oggi fare un’uscita in meno può voler dire proteggere noi stessi, ma soprattutto proteggere chi è più anziano e fragile di noi. E restare umani in questa fase significa anche essere trasparenti nell’informazione, nelle comunicazioni istituzionali, nella pubblicazione dei dati.
Oggi fare un’uscita in meno può voler dire proteggere noi stessi, ma soprattutto proteggere chi è più anziano e fragile di noi. E restare umani in questa fase significa anche essere trasparenti nell’informazione, nelle comunicazioni istituzionali, nella pubblicazione dei dati.
Ogni singola
persona può fare la differenza, restando al suo posto e rispettando le regole.
Senza dimenticare che l’altro è un grande scrigno di storie. Riconosciamoci.
Quando suonano le campane, un sacerdote sta celebrando anche per noi.
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