«Rifugio è il Dio dei tempi antichi e quaggiù lo sono le sue
braccia eterne…» (Dt 33,27a)
«Era come se attorno a noi fiorissero ogni
giorno tante nuove realtà». A volte il senso della propria vita diventa evidente
dopo un incontro. Un incontro che non spazza via le domande, le paure, le
difficoltà, ma dà a tutte le fatiche una direzione. E mentre la riga della vita
inizia pian piano a unire tutti i puntini che prima rischiavano di perdersi,
possono compiersi tanti piccoli grandi miracoli. A raccontare un incontro
straordinario, in una chiesa del Carmine gremita per la veglia “Notte dei
Santi”, è stato Ferdinando Garetto, medico, che il suo incontro l’ha vissuto con
la beata Chiara Luce Badano.
«È bello ricordare Chiara stasera – ha
detto Ferdinando –, perché questa è la festa che unisce terra e cielo. Ho
incontrato Chiara quando avevo 23 anni, ero uno studente di medicina e nella
testa iniziavo a pormi alcune domande di senso, ad esempio sulle scelte
definitive: è possibile dire “sì” per sempre? E a questo si sommava un periodo
particolarmente intenso nel mio percorso universitario, perché ero al quarto
anno e per la prima volta passavo dalle malattie studiate sui libri al dolore
vivo dei pazienti che incontravo in ospedale».
In quella fase così piena di
domande, incertezze e false sicurezze, arriva la richiesta di pregare per
Chiara, una giovane del Gen, il Movimento Giovani dei Focolari, una ragazza di
soli 17 anni alla quale era da poco stato diagnosticato un male terribile,
forse inguaribile. Chiara viene ricoverata alle Molinette di Torino, dove
Ferdinando studia, e lì, una mattina, fra le 20mila persone che ogni giorno
affollano l’ospedale, lui incontra Maria Teresa e Ruggero, i genitori di
Chiara.
Da quel momento inizia un viaggio quotidiano al reparto di Chiara,
quattro piani delle Molinette fatti di corsa, con il cuore gonfio di stupore: «Che
splendore, che meraviglia ogni volta incontrare una ragazzina lontana centinaia
di chilometri dalla sua amata Sassello, gravata da una diagnosi terribile, che
irradiava luce tutto intorno. Così fragile eppure così luminosa. Dal suo
sguardo, dalla sua voce, dalla sua testimonianza ho capito improvvisamente che
tutti i canti che facevamo al Gen, tutti i discorsi su un Dio che è amore,
tutte le preghiere erano profondamente vere. Tutto era vero e vere potevano
diventare anche le nostre speranze».
Un dono la compagnia di Chiara Luce,
come un dono è stata la compagnia dei testimoni presenti ieri sera in Carmine:
San Giovanni XXIII, San Domenico Savio, San Giovanni Bosco, San Giovanni Paolo
II, la beata Chiara Luce, il beato Pier Giorgio Frassati, Santa Chiara e San
Francesco. Una compagnia che sprigiona luce e presenza concreta, proprio come
le tante anime amiche che incontriamo in questi giorni durante le visite al
cimitero. Un percorso che ogni anno diventa più lungo, eppure nella sofferenza
si cementa la certezza di un incontro che può cambiare la vita, un incontro
passato, presente e futuro.
Nel silenzio dell’adorazione eucaristica,
continuata fin dopo la mezzanotte, continuava a risuonare nel cuore il canto: «Tu doni e porti via, tu doni e porti via, ma sempre sceglierò di benedire te».
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