«Io non condivido le parole di Berizzi, tuttavia questo non
mi dà la licenza di chiedere che egli sia addirittura buttato fuori
dall'Ordine, come ha fatto qualcuno. Cosa c'entra la corporazione degli scribi
con la libertà di pensiero, tutti i pensieri, belli o brutti che siano? Al
massimo il mio amico Paolo merita un v*******o in puro stile Grillo, mentre
invocare punizioni esemplari nei suoi confronti è una operazione di sapore
appunto fascista». Vittorio Feltri irrompe nel dibattito nato attorno al giornalista di Repubblica, Paolo Berizzi, che ha firmato un tweet nel quale spiega il
nubifragio che si è abbattuto su Verona come una manifestazione del Karma,
provocata dalla presenza di fascisti nella città.
Su Libero, Feltri aggiunge: «Se un
cronista o un qualsiasi cittadino ha una opinione che riteniamo sbagliata ha
comunque il diritto di esprimerla senza essere linciato». Nessuno può privare
un cittadino della libertà di espressione, libertà sancita dall’articolo 21
della Costituzione.
Ma Paolo Berizzi, oltre che cittadino, è giornalista. E il giornalismo non è un lavoro normale, perché è un lavoro pubblico. Il giornalista ha la responsabilità di cercare quotidianamente la verità e di diffonderla. Ha il compito di informare i cittadini, di fornire loro gli strumenti per comprendere la realtà, oggi sempre più complessa.
Ma Paolo Berizzi, oltre che cittadino, è giornalista. E il giornalismo non è un lavoro normale, perché è un lavoro pubblico. Il giornalista ha la responsabilità di cercare quotidianamente la verità e di diffonderla. Ha il compito di informare i cittadini, di fornire loro gli strumenti per comprendere la realtà, oggi sempre più complessa.