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giovedì 15 agosto 2013

Nativi digitali... Chi ci guadagna?

Stavo passeggiando per Aosta, dopo aver visitato una bella mostra sul fotografo Pepi Merisio ("Il Gioco", a cura di Raffaella Ferrari e Daria Jorioz, presso il Centro Saint-Bénin), quando mi sono imbattuto in un negozio di dischi. Non ho resistito: mi sono immerso fra dischi, dvd, musicassette, alla ricerca di qualche bella canzone che ancora manca sulla mia montagna (sempre più pericolante) di cd. I prezzi erano incredibilmente bassi, ma ecco che scoperta l’amara verità: è in corso una svendita. Tra qualche tempo questo negozio chiuderà per sempre, per lasciare il posto al punto vendita di una grande catena. 
Le cause di questa chiusura? Tanta musica rubata via internet? I prezzi scontati dei più grandi punti vendita? Le nuove tecnologie che ora propongono anche la musica in file? Io credo si tratti di una lunga serie di concause, che ci hanno spinti a dimenticare la bellezza del rapporto con i piccoli negozianti, l’importanza dell’esperienza e della qualità che si può trovare in chi svolge il suo lavoro per passione da una vita intera.


E’ indubbio però, che fra queste cause ve ne sia una che ultimamente sta facendo cambiare molte cose nella nostra vita: la massificazione dell’uso degli ultimi gadget tecnologici. Con la diffusione di i-phone, tablet e smartphone, ogni problema sembra trovare una soluzione. Con un clic. Vuoi acquistare qualcosa? Fallo dal tuo smartphone! Vuoi leggere qualcosa? Fallo dal tuo e-reader! Vuoi ascoltare della musica? Fallo dal tuo tablet! Vuoi leggere un giornale? Fallo dal tuo i-phone! Etc, etc… 
A volte mi ritrovo a sorridere mentre scrivo un appunto su uno scontrino in mezzo a persone che chattano, fanno shopping, navigano e magari si preparano anche un caffè, semplicemente scorrendo le dita su schermi magici. E ancora di più mi ritrovo a sorridere pensando alla velocità con la quale si sono diffusi e si stanno diffondendo questi gadget: nel giro di pochi mesi, con la nascita di questa moda, è diventato vitale possederne uno. Più che una moda, un’isteria collettiva.