Paolo VI ha scritto: «Non sminuire in nulla la salutare
dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime».
«La
fermezza della Chiesa, nel difendere le norme morali universali e immutabili,
non ha nulla di mortificante. È solo al servizio della vera libertà dell'uomo:
dal momento che non c'è libertà al di fuori o contro la verità, la difesa
categorica, ossia senza cedimenti e compromessi, delle esigenze assolutamente
irrinunciabili della dignità personale dell'uomo, deve dirsi via e condizione
per l'esistere stesso della libertà.
Questo servizio è rivolto a ogni uomo,
considerato nell'unicità e nell'irripetibilità del suo essere ed esistere: solo
nell'obbedienza alle norme morali universali l'uomo trova piena conferma della
sua unicità di persona e possibilità di vera crescita morale. E, proprio per
questo, tale servizio è rivolto a tutti gli uomini: non solo ai singoli, ma
anche alla comunità, alla società come tale.
Queste norme costituiscono,
infatti, il fondamento incrollabile e la solida garanzia di una giusta e
pacifica convivenza umana, e quindi di una vera democrazia, che può nascere e
crescere solo sull'uguaglianza di tutti i suoi membri, accomunati nei diritti e
doveri. Di fronte alle norme morali che proibiscono il male intrinseco non ci
sono privilegi né eccezioni per nessuno. Essere il padrone del mondo o l'ultimo
«miserabile» sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: davanti alle
esigenze morali siamo tutti assolutamente uguali.
Così le norme morali, e in
primo luogo quelle negative che proibiscono il male, manifestano il loro
significato e la loro forza insieme personale e sociale: proteggendo
l'inviolabile dignità personale di ogni uomo, esse servono alla conservazione
stessa del tessuto sociale umano e al suo retto e fecondo sviluppo. In
particolare, i comandamenti della seconda tavola del Decalogo, ricordati anche
da Gesù al giovane del Vangelo (cf Mt 19,18), costituiscono le regole primordiali
di ogni vita sociale.
Questi comandamenti sono formulati in termini generali.
Ma, il fatto che «principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali è
e deve essere la persona umana», permette di precisarli e di esplicitarli
in un codice di comportamento più dettagliato. In tal senso le regole morali
fondamentali della vita sociale comportano delle esigenze determinate alle
quali devono attenersi sia i poteri pubblici sia i cittadini.
Al di là delle intenzioni, talvolta buone, e delle circostanze, spesso difficili, le autorità civili e i soggetti particolari non sono mai autorizzati a trasgredire i diritti fondamentali e inalienabili della persona umana. Così, solo una morale che riconosce delle norme valide sempre e per tutti, senza alcuna eccezione, può garantire il fondamento etico della convivenza sociale, sia nazionale che internazionale». (punti 96 e 97 dell’enciclica “Veritatis Splendor”, Giovanni Paolo II, 6 agosto 1993, Roma) (in foto: santuario Madonna della Guardia, Tortona)
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