Papa Francesco ha aperto il Sinodo sulla Famiglia con un’omelia
intensa, che profuma di profezia. Le sue parole hanno evidenziato con precisione
le difficoltà e le sfide che già vediamo all’orizzonte, sempre più nitide. Ma
hanno anche indicato una via per superarle, per curare le ferite dell’uomo
contemporaneo. Sono parole che non credo troveranno molto spazio sui nostri
giornali. Condivido con voi alcuni passaggi.
"(…) La solitudine, il dramma che ancora oggi affligge
tanti uomini e donne. Penso agli anziani abbandonati perfino dai loro cari e
dai propri figli; ai vedovi e alle vedove; ai tanti uomini e donne lasciati
dalla propria moglie e dal proprio marito; a tante persone che di fatto si
sentono sole, non capite e non ascoltate; ai migranti e ai profughi che
scappano da guerre e persecuzioni; e ai tanti giovani vittime della cultura del
consumismo, dell’usa e getta e della cultura dello scarto.
Oggi si vive il paradosso di un mondo globalizzato dove
vediamo tante abitazioni lussuose e grattacieli, ma sempre meno il calore della
casa e della famiglia; tanti progetti ambiziosi, ma poco tempo per vivere ciò
che è stato realizzato; tanti mezzi sofisticati di divertimento, ma sempre di
più un vuoto profondo nel cuore; tanti piaceri, ma poco amore; tanta libertà,
ma poca autonomia… Sono sempre più in aumento le persone che si sentono sole,
ma anche quelle che si chiudono nell’egoismo, nella malinconia, nella violenza
distruttiva e nello schiavismo del piacere e del dio denaro.
Oggi viviamo, in un certo senso, la stessa esperienza di
Adamo: tanta potenza accompagnata da tanta solitudine e vulnerabilità; e la
famiglia ne è l’icona. Sempre meno serietà nel portare avanti un rapporto
solido e fecondo di amore: nella salute e nella malattia, nella ricchezza e
nella povertà, nella buona e nella cattiva sorte. L’amore duraturo, fedele,
coscienzioso, stabile, fertile è sempre più deriso e guardato come se fosse
roba dell’antichità. Sembrerebbe che le società più avanzate siano proprio
quelle che hanno la percentuale più bassa di natalità e la percentuale più alta
di aborto, di divorzio, di suicidi e di inquinamento ambientale e sociale. (…) Ricordo
san Giovanni Paolo II quando diceva: «L’errore e il male devono essere sempre
condannati e combattuti; ma l’uomo che cade o che sbaglia deve essere compreso
e amato […] Noi dobbiamo amare il nostro tempo e aiutare l’uomo del nostro
tempo» (Discorso all’Azione Cattolica Italiana, 30 dicembre 1978: Insegnamenti
I [1978], 450). E la Chiesa deve cercarlo, accoglierlo e accompagnarlo, perché
una Chiesa con le porte chiuse tradisce sé stessa e la sua missione, e invece
di essere un ponte diventa una barriera: «Infatti, colui che santifica e coloro
che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si
vergogna di chiamarli fratelli» (Eb 2,11)."
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