“Sine Dominico
non possumus”. L’affermazione dei martiri di Abitene è risuonata più volte
nella cattedrale colma di fedeli per l’apertura dell’anno pastorale, che già
nel titolo, “L’Eucaristia, cuore della Chiesa”, richiama i 49 cristiani
giustiziati nel 303 in Africa perché non avevano rinunciato alla fede.
«Anche oggi ci sono cristiani nel mondo che rischiano la vita a causa della loro fede – ha ricordato il vescovo Corrado Sanguineti –, e forse noi cristiani occidentali ci sentiamo sorpresi da questa realtà. Sì, ci sono uomini e donne disposti a perdere la vita pur di non perdere l’Eucaristia domenicale. E le testimonianze dei loro vescovi parlano di chiese piene, di chiese vive. Noi oggi potremmo ripetere con verità l’affermazione “sine Dominico non possumus”?».
«Anche oggi ci sono cristiani nel mondo che rischiano la vita a causa della loro fede – ha ricordato il vescovo Corrado Sanguineti –, e forse noi cristiani occidentali ci sentiamo sorpresi da questa realtà. Sì, ci sono uomini e donne disposti a perdere la vita pur di non perdere l’Eucaristia domenicale. E le testimonianze dei loro vescovi parlano di chiese piene, di chiese vive. Noi oggi potremmo ripetere con verità l’affermazione “sine Dominico non possumus”?».
L’Eucaristia come realtà da scoprire
partecipando alla vita della comunità cristiana, l’Eucaristia come gesto che
ritma la vita stessa della comunità cristiana: «Un rito che interrompe il quotidiano per
restituirgli respiro – ha aggiunto il vescovo Corrado –. Rimettere al centro
l’Eucaristia non è una fuga spiritualistica di fronte a un mondo ostile, ma una
condizione imprescindibile per rinnovare la missione nel mondo.
L’Eucaristia rimane, in questo tempo benedetto e drammatico, un dono per tutti, anche se non è condiviso da tutti. Perché senza Cristo viene meno la speranza che ci permette di affrontare ogni fatica, senza Cristo manca l’essenziale per vivere».
L’Eucaristia rimane, in questo tempo benedetto e drammatico, un dono per tutti, anche se non è condiviso da tutti. Perché senza Cristo viene meno la speranza che ci permette di affrontare ogni fatica, senza Cristo manca l’essenziale per vivere».
Ma come
celebrare l’Eucaristia in questo tempo di secolarizzazione pervasiva? «È richiesta una
consapevolezza nuova – ha spiegato fratel Goffredo Boselli, liturgista e monaco
di Bose –, perché il modo di celebrare è il modo di essere Chiesa nel mondo. E
in questo tempo occorre celebrare da popolo messianico».
Se lo sguardo va verso le assemblee domenicali non può ignorare una costante diminuzione della partecipazione: «Si annuncia una condizione di minoranza per le comunità cristiane occidentali – ha detto fratel Goffredo –, ma questo non deve spaventarci, questo non è un tempo di paura. È invece un tempo kairos, un tempo favorevole, da vivere andando incontro al Signore con fiducia. C’è il pericolo di diventare una comunità “setta”, chiusa in sé stessa? Vivendo il Vangelo noi siamo chiamati ad essere significativa comunità missionaria nella nostra società.
Il futuro non appartiene a un cristianesimo che si riproduce da sé, sarà invece un cristianesimo di scelta, che porterà ad essere per il mondo un germe di unità, speranza e salvezza, come leggiamo nell’enciclica “Lumen Gentium”, che dal Concilio invita al discernimento dei segni dei tempi».
Se lo sguardo va verso le assemblee domenicali non può ignorare una costante diminuzione della partecipazione: «Si annuncia una condizione di minoranza per le comunità cristiane occidentali – ha detto fratel Goffredo –, ma questo non deve spaventarci, questo non è un tempo di paura. È invece un tempo kairos, un tempo favorevole, da vivere andando incontro al Signore con fiducia. C’è il pericolo di diventare una comunità “setta”, chiusa in sé stessa? Vivendo il Vangelo noi siamo chiamati ad essere significativa comunità missionaria nella nostra società.
Il futuro non appartiene a un cristianesimo che si riproduce da sé, sarà invece un cristianesimo di scelta, che porterà ad essere per il mondo un germe di unità, speranza e salvezza, come leggiamo nell’enciclica “Lumen Gentium”, che dal Concilio invita al discernimento dei segni dei tempi».
C’è oggi una oggettiva difficoltà del messaggio cristiano a
raggiungere la gente, soprattutto i giovani: «È in atto un processo che i
sociologi chiamano di "esculturazione" – ha ricordato fratel Goffredo –. Si riduce
la partecipazione alla messa, si ridisegna l’assetto pastorale delle
parrocchie. Ma ciò che conta è che rimanga viva la verità profonda della
Chiesa, una verità che non è mai riducibile al suo impegno per la polis. Se
anche un domani la Chiesa fosse posta nelle condizioni di celebrare solamente
l’Eucaristia, farebbe comunque l’essenziale.
È la “Chiesa semplicemente Chiesa” tratteggiata da Giuseppe Dossetti, è la Chiesa che, in un mondo sempre più senza Dio, trasforma la comunità cristiana nel corpo di Cristo. Testimoniando una comunione alla quale tutto il mondo anela». Dobbiamo essere nel mondo: «Il futuro della Chiesa e quello del mondo sono lo stesso futuro. Non viviamo ora la fine del cristianesimo, ma l’esaurirsi di un’epoca cristiana. Oggi siamo chiamati a vivere l’esperienza della fede come il primo cristiano, in una Chiesa che afferma la sua verità sacramentale ogni domenica sull’altare».
È la “Chiesa semplicemente Chiesa” tratteggiata da Giuseppe Dossetti, è la Chiesa che, in un mondo sempre più senza Dio, trasforma la comunità cristiana nel corpo di Cristo. Testimoniando una comunione alla quale tutto il mondo anela». Dobbiamo essere nel mondo: «Il futuro della Chiesa e quello del mondo sono lo stesso futuro. Non viviamo ora la fine del cristianesimo, ma l’esaurirsi di un’epoca cristiana. Oggi siamo chiamati a vivere l’esperienza della fede come il primo cristiano, in una Chiesa che afferma la sua verità sacramentale ogni domenica sull’altare».
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