Le tante parole di questi giorni si sono alzate verso il
cielo come un tardivo appello ad una giustizia che ormai è stata cancellata
dall’indifferenza. Un’indifferenza che resta come un filo rosso a legare le
storie orribilmente simili dei campi di concentramento di qualsiasi regime
dittatoriale. Piccoli punti neri sulle mappe del mondo che non possono essere
dimenticati. Su quell’erba che a fatica ricresce risuona ancora il frastuono di
vite che diventavano numeri, lo stridere di umanità annientate, il rombo dell’odio
che divorava l’aria. Ma è proprio da quei campi di sterminio che si leva un
canto di speranza: ha le sembianze di una donna che è sopravvissuta all’orrore
e che ancora lotta contro l’oblio. Le sue parole guariscono le ferite che ancora
oggi qualcuno tenta di infettare.
"Sono stata contenta quando hanno catturato Priebke
così come Klaus Barbie o Adolf Eichmann. Ma non sono mai stata una
persecutrice. Sono stata già molto impegnata a leccarmi le ferite della mia
vita precedente. Ho cercato l'amore, intorno a me. Non l'odio. Ho tentato di
essere me stessa senza coltivare sentimenti di vendetta. Non volevo diventare
come i miei persecutori. Io sono diversa da loro, per mia fortuna."
(Liliana Segre, intervistata da Paolo Conti, Corriere della Sera, 14 ottobre
2013)
"... E il sole non volge altrove lo sguardo
dipinge il cielo con sprazzi d'azzurro
anche se i fiori nell'aria sospesa, brezza leggera,
soffia sull'erba... Ci sarà mai pace
nel mio cuor...?"
(da "La Variante di Luneburg", fabula in musica, dal romanzo di Paolo Maurensig, musiche di Walter Sivillotti, con Milva e Walter Mramor)
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