«Dove sarebbe il problema?», ci chiede su Twitter Marisa Levi, commentando la notizia della partecipazione dei CEO di Pfizer e Moderna alla V Conferenza Internazionale sulla Salute in Vaticano. Non c’è nessun problema, anzi, c’è una grande opportunità. Eccola.
Eppure, non c’è nulla di negativo se i CEO di Pfizer e Moderna (assieme, tra gli altri, ai responsabili della Food and Drug Administration), salgono in cattedra in Vaticano per parlare di salute. Quale luogo migliore del Vaticano, infatti, per parlare di tutela della vita umana?
Proprio lì, proprio in quei giorni (6-8 maggio 2021), i vertici di Pfizer e Moderna avranno l’occasione per riscoprire il messaggio di papa Francesco, che dall’inizio del suo pontificato denuncia la «cultura dello scarto».
Un papa che il 18 maggio 2017 ha detto: «Nessuna finalità, anche in sé stessa nobile, come la previsione di una utilità per la scienza, per altri esseri umani o per la società, può giustificare la distruzione di embrioni umani».
Tanto aumentano le pressioni delle case farmaceutiche per sperimentazione e produzione libere dall’etica? Tanto il messaggio della Chiesa sovrabbonda di risposte. Che non sono vincoli, ostacoli, bastoni fra le ruote della scienza, bensì alte mura di difesa per i soggetti più fragili. Per i bambini non ancora nati, per le persone con gravi disabilità, per i malati terminali, per gli anziani. A loro ha sempre guardato la Chiesa quando ha ricordato alla scienza e alla medicina di mettere al centro l’uomo, non il profitto.
Il 12 novembre del 2012 papa Benedetto XVI ha ribadito: «La distruzione perfino di una sola vita umana non si può mai giustificare nei termini del beneficio che ne potrebbe presumibilmente conseguire per un’altra».
Sembra la luce di un piccolo faro su un’isola apparentemente disabitata. Il mare è in tempesta, la notte è più buia che mai, eppure quella lucina lampeggiante indica la rotta verso un porto sicuro. Una luce fondamentale per l’uomo del Terzo Millennio, che improvvisamente si è ritrovato solo e senza punti di riferimento, tirato per la giacchetta delle emozioni da tante sirene che guardano al potere, il loro.
«L'uccisione di creature umane innocenti, seppure a vantaggio di altre, costituisce un atto assolutamente inaccettabile», così si legge nella profetica enciclica “Evangelium Vitae”, presentata al mondo il 25 marzo del 1995 da papa Giovanni Paolo II. Un papa, oggi santo, che ha invitato tutte le persone che hanno a cuore la difesa della vita ad alzarsi in piedi, in ogni parte del mondo, ogni volta che la vita umana è minacciata.
Una luce, ancora, coraggiosa. Perché, rimanendo libera dalle pressioni che sembrano condizionare persino l’Europa, sa farsi accanto a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Soli in un mondo individualista, deboli di fronte a sovrastrutture immense, immobili come pietre nel torrente della società liquida.
Dunque, non c’è nessun problema, anzi, come ha ricordato la collega Martina Pastorelli, c’è un’opportunità: «Ottenere l’impegno a ricercare, produrre e distribuire vaccini che non pongano problemi di coscienza, come la Chiesa ha chiesto. Doveroso e giusto però tenere gli occhi aperti e lavorare per trasformarla in opportunità onde evitare l’effetto “passerella-e-basta”».
Il mare infatti è ancora in tempesta, il faro è minacciato da onde altissime, ma i giornalisti sono qui per questo. Anche loro accanto ai cittadini, con in mano le due armi più potenti che conoscono: il taccuino e la macchina fotografica. Perché non c’è libertà senza informazione, non c’è obiezione di coscienza senza una coscienza formata, non c’è democrazia se i cittadini non hanno accesso alle notizie, a tutte.
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