«Il Piccolo Teatro, queste tavole consunte anche dalle mie
scarpe, dai miei passi, sono tra le cose che ho amato di più nella mia vita». Cosa
significa tornare dove tutto ha avuto inizio? E cosa si prova a farlo dopo
oltre 50 anni di carriera?
C’è tutto questo e molto altro nel flusso di parole e ricordi che Milva regala a Pino Strabioli e ai telespettatori in questa intervista, realizzata nel 2009 per il programma “Cominciamo Bene Prima”, su Rai3. Intervista che oggi, non senza azzardo, proviamo a immergere nel silenzio carico di attese della quarantena.
C’è tutto questo e molto altro nel flusso di parole e ricordi che Milva regala a Pino Strabioli e ai telespettatori in questa intervista, realizzata nel 2009 per il programma “Cominciamo Bene Prima”, su Rai3. Intervista che oggi, non senza azzardo, proviamo a immergere nel silenzio carico di attese della quarantena.
Milva ieri e oggi
Oggi, nel pieno dell’isolamento per contenere il contagio da coronavirus,
è bello concedersi qualche minuto di libertà viaggiando tra i ricordi,
rivivendo incontri e momenti indimenticabili. Torneranno? Alcuni no, alcuni istanti
congelati in emozioni non si potranno mai ripetere, neanche in forme diverse,
ed è proprio per questo che vanno custoditi gelosamente nel forziere dei tesori
più preziosi.
Ascoltare Milva significa essere investiti da tantissime parole, un fiume in piena che nasce da anni di attività ininterrotta, un’attività che ha portato la Rossa a impegnarsi in progetti completamente diversi contemporaneamente.
Mesi di lavoro su un nuovo disco di
Battiato e intanto repliche dell’ultimo spettacolo con Piazzolla e allo stesso
tempo preparazione di un brano da portare a Sanremo e ancora all’orizzonte ecco
profilarsi una nuova tournée teatrale. E così si spiega la varietà di una
carriera unica, capace anche di mettere in difficoltà i giornalisti ogni volta
che provano a studiarla per farne una sintesi.
“Tu come mai non senti nostalgia?”
Quanto tempo è passato da quei primi anni in bianco e nero al
Piccolo con Strehler, e la nostalgia bussa alla porta: «Mi manca tutto il Piccolo Teatro
– ammette Milva –, mi manca tutta quella follia, quella voglia di emergere». Torneremo
a teatro? Se il covid19 non dovesse estinguersi, come accaduto ad esempio alla Sars, come potremo tornare a emozionarci in una sala con altre centinaia o
migliaia di persone?
In Lombardia è dal 23 febbraio scorso che sono sospese perfino le Messe con concorso di popolo, i cristiani hanno dovuto seguire in tv anche le
Messe e i riti di Pasqua, un evento inedito nella storia recente della Chiesa.
Quando si potrà tornare a pregare insieme? Cosa succederà ai teatri, ai cinema, ai palazzetti dello sport?
Continua Milva nell'intervista: «Io frequento i ricordi, sono legata a tanti ricordi, senza però diventare succube del tempo che fu. Mi piace la contemporaneità».
Continua Milva nell'intervista: «Io frequento i ricordi, sono legata a tanti ricordi, senza però diventare succube del tempo che fu. Mi piace la contemporaneità».
Come sarà il dopo coronavirus
Quel che è stato è stato bellissimo. Quel che sarà potrà
esserlo di nuovo? Dipenderà solo da noi. È un esperimento che rasenta la truffa
questa rilettura di un’intervista del 2009 come se fosse stata registrata ieri, riconosco
i limiti di questa operazione, ma posso garantire che non è una cinica
invocazione ottimistica alla “Andrà tutto bene”.
Le paure sono tante, ma
abbiamo bisogno di tornare a sognare, perché senza sogni non sarà possibile
ricostruire. E sognare non vuol dire camminare sereni sulle nuvole mentre sotto
i nostri piedi si scatena la tempesta, sognare significa saper guardare con
attenzione e responsabilità l’oggi immaginando un domani migliore, spendendo
ogni energia possibile per realizzarlo. Provando a cambiare prima di tutto noi
stessi.
San Giovanni Paolo II immaginava per l’uomo del Terzo Millennio il
compito di costruire la civiltà dell’amore, dopo le tragedie delle guerre e dei
totalitarismi che hanno ferito a morte il XX secolo. Trovando il coraggio di essere e rimanere sentinelle del mattino, si potrà dire con orgoglio che in
questo mondo ci sentiamo fuori posto «rarissimamente». Perché sì, nonostante
tutto, è «sempre bene che ci sia una Berlino dopo». E noi, forse con guanti e
mascherine, vogliamo esserci.
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