La storia di Pavia è costellata di testimoni luminosi:
uomini «che
hanno fatto della loro esistenza un dono d’amore a Dio e agli altri», uomini
che sono «un dono per tutti e generano un bene per tutti, credenti e non
credenti, lasciando una traccia viva nella Chiesa e nella città degli uomini». È ruotata
attorno alle figure di quattro uomini che hanno segnato la storia della città
l’omelia del vescovo Corrado Sanguineti per la solennità di San Siro. Una
celebrazione che ha unito San Siro, patrono della città e della diocesi, San
Riccardo Pampuri, del quale è in corso l’anno giubilare, don Enzo Boschetti,
nel luglio scorso dichiarato “venerabile”, e monsignor Carlo Allorio, vescovo
di Pavia dal 1942 al 1968.
All’inizio del solenne pontificale è stata data
lettura del decreto di venerabilità del Servo di Dio don Enzo Boschetti,
firmato dal cardinal Angelo Becciu e dall’arcivescovo Marcello Bartolucci. «I
testimoni che stanno davanti a noi hanno tratti e cammini originali: San Siro
è il vescovo evangelizzatore che ha posto i fondamenti della nostra Chiesa; San
Riccardo, per la maggior parte della sua vita, è stato un semplice laico
cristiano, medico amato nella campagna di Morimondo, e solo negli ultimi tre
anni di vita è diventato religioso nell’ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli
– ha spiegato il vescovo Corrado durante l’omelia –; don Enzo, come prete, si è
lasciato interpellare da forme nuove di povertà sociale ed esistenziale,
soprattutto nel mondo dei giovani, della Pavia a cavallo tra gli anni Sessanta
e Settanta del secolo scorso, e ha speso la sua vita in un’appassionata opera
educativa, affrontando inizialmente non poche incomprensioni e fatiche; il
vescovo Carlo Allorio, pastore in anni di profondi cambiamenti culturali e
sociali, ha amato con cuore di padre il suo popolo, i suoi sacerdoti, e ha
favorito nuove forme di pastorale, dando impulso al laicato nelle parrocchie,
negli oratori, negli ambienti sportivi e sociali».
Una presenza che non può non
lasciare il segno nella città: «Comprendiamo così come la presenza operosa della Chiesa, nel rispetto della laicità dello Stato e della società pluralista
contemporanea, possa rappresentare una realtà positiva nel cammino che
condividiamo, come uomini e donne di Pavia, amanti di questa città così ricca
di storia, chiamata ad assumere coraggiosamente le sfide dei nostri tempi».
Uno
spirito che echeggia l’enciclica Gaudium et Spes, del Concilio Vaticano II, e
che ancora oggi si rinnova: «È questo lo spirito che anima la recente iniziativa del comitato “Mai troppo umano”, promosso dalla diocesi in
collaborazione con un gruppo di docenti e medici dell’Università e del
Policlinico San Matteo: un tentativo di sperimentare un dialogo sulle questioni
che riguardano l’identità dell’uomo, mosso dal desiderio di offrire uno spazio
di confronto per tutta la città di Pavia».
Al termine della celebrazione, dopo
la preghiera con tutto il clero diocesano davanti all’altare di San Siro e la sosta davanti alla
tomba di monsignor Allorio, centinaia di persone si sono messe in fila per
omaggiare il santo, acquistando poi il tradizionale “pane di San Siro”. Fuori
dalla cattedrale si ritrovano i problemi, le paure, le sfide di oggi. Ed è
proprio davanti alla complessità di questo passaggio d’epoca che tutti siamo
chiamati a fare la nostra parte, ha ricordato il vescovo Corrado rivolgendosi
ai fedeli e alle numerose autorità presenti, secondo la responsabilità che
abbiamo e avendo a cuore il bene autentico delle persone.
«Ogni santo, ogni
testimone autentico del Vangelo di Cristo, mostra innanzitutto l’umanità della
fede. Rende evidente come dalla fede, accolta e vissuta, nasce un’umanità
bella, buona e vera, e fioriscono frutti di bene, energie positive, risorse
inattese – ha concluso il vescovo –. Ancora il Concilio, nella Gaudium et Spes,
esprime bene la forza umanizzante della fede, che la Chiesa è chiamata a vivere
e che si rivela pienamente nel volto dei santi, uomini veri e compiuti:
“Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo” (Gaudium
et Spes, 41). Carissimi fratelli e sorelle, accogliamo l’appello dei testimoni
che, sulla via aperta da San Siro, primo pastore della nostra Chiesa, hanno
camminato dietro a Cristo: essi ci dicono che il Vangelo non è un’utopia, è
qualcosa di vivo, di reale, che può prendere forma nella nostra esistenza,
nella libertà della fede. Ci mostrano la verità e la realtà del cristianesimo
come avvenimento di vita, che tende a generare forme nuove di socialità,
relazioni più umane, più attente all’umano».
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