Come ogni mattina ci svegliamo, facciamo cose, le
facciamo perché le dobbiamo fare, ma dentro di noi avvertiamo il desiderio
profondo di capire chi siamo, dove stiamo andando, perché siamo nati. Viviamo
gran parte della nostra vita calati nel mondo, procedendo a tentoni, per
tentativi: sarà questa la donna della mia vita? Tento. Sarà questa la facoltà giusta?
Tento. Sarà questo il modo giusto di stare al mondo? Tento. Abbiamo bisogno di
qualcuno che ci apra gli occhi, che ci ricordi il vero motivo per cui vale la
pena tutto.
Questo desiderio è la vocazione: ovunque nasce un uomo o una donna, si porta addosso un desiderio di vocazione, un desiderio di tenere gli occhi aperti sul motivo per cui la sua vita vale la pena. E così il Vangelo di Marco (10,46-52), con il cieco Bartimeo che grida a Gesù, è diventato specchio della nostra vocazione nella catechesi di don Luigi Maria Epicoco, ospite della diocesi di Pavia per la catechesi di Avvento dedicata ai giovani.
Questo desiderio è la vocazione: ovunque nasce un uomo o una donna, si porta addosso un desiderio di vocazione, un desiderio di tenere gli occhi aperti sul motivo per cui la sua vita vale la pena. E così il Vangelo di Marco (10,46-52), con il cieco Bartimeo che grida a Gesù, è diventato specchio della nostra vocazione nella catechesi di don Luigi Maria Epicoco, ospite della diocesi di Pavia per la catechesi di Avvento dedicata ai giovani.
In ascolto,
in mezzo ai giovani, anche il vescovo di Pavia Corrado Sanguineti, che
all’inizio della catechesi ha ricordato: «Stiamo vivendo un anno pastorale dedicato all’Eucaristia, e scoprire l’Eucaristia da giovani è un
grande dono. Auguro a tutti noi, in questo tempo che ci prepara all’Avvento, di
arrivare a dire con il cuore “senza Eucaristia non posso vivere”».
Perché parlare di vocazione? «Perché questo desiderio si ripresenta continuamente nella nostra vita – ha spiegato don Epicoco –, e per quanto noi vogliamo eludere questo desiderio esso si ripresenta sempre, e lo fa attraverso la crisi. Come Bartimeo noi siamo condannati a rimanere fermi sempre allo stesso punto, a elemosinare la vita, a elemosinare l’affetto e l’attenzione delle persone, parcheggiati a lato della vita. Lo scopo principale della fede cristiana, incontrare Cristo, ha come effetto secondario principale quello di diventare protagonisti della nostra vita. Nessuno di noi può dire di aver incontrato Cristo se continua a mendicare l’esistenza».
Bartimeo però non è un uomo disposto a restare parcheggiato: «Quest’uomo grida, grida con tutte le sue forze, grida nonostante la folla gli intimi di tacere. E pregare è imparare a gridare ciò che abbiamo dentro, è mettersi davanti a Gesù per dirgli cosa ci rende infelici, cosa ci mette in crisi, senza censurare nulla».
Perché parlare di vocazione? «Perché questo desiderio si ripresenta continuamente nella nostra vita – ha spiegato don Epicoco –, e per quanto noi vogliamo eludere questo desiderio esso si ripresenta sempre, e lo fa attraverso la crisi. Come Bartimeo noi siamo condannati a rimanere fermi sempre allo stesso punto, a elemosinare la vita, a elemosinare l’affetto e l’attenzione delle persone, parcheggiati a lato della vita. Lo scopo principale della fede cristiana, incontrare Cristo, ha come effetto secondario principale quello di diventare protagonisti della nostra vita. Nessuno di noi può dire di aver incontrato Cristo se continua a mendicare l’esistenza».
Bartimeo però non è un uomo disposto a restare parcheggiato: «Quest’uomo grida, grida con tutte le sue forze, grida nonostante la folla gli intimi di tacere. E pregare è imparare a gridare ciò che abbiamo dentro, è mettersi davanti a Gesù per dirgli cosa ci rende infelici, cosa ci mette in crisi, senza censurare nulla».
Qualcosa
accade: la folla si stringe attorno a Bartimeo. Sembra quasi di vederlo circondato
da volti minacciosi che cercano di zittirlo: «La folla abita dentro di noi, perché
c’è una parte di noi che vuole ridurci al silenzio, c’è una massa di cose negative che ci abitano e ci dicono di tacere. La rivoluzione di Bartimeo è
continuare a gridare, è gettare via il proprio mantello, la propria storia, e
incominciare a vivere. La grande coperta del nostro passato è la nostra grande
prigione, ma oggi tu devi smettere di fare la vittima, devi smettere di
nasconderti sotto la coperta della tua storia. Smetti di usare la vita come un
paravento».
Nella cappella del Sacro Cuore, gremita di giovani, il silenzio è palpabile. Al termine della catechesi viene esposto il Santissimo, e i sacerdoti presenti si mettono a disposizione per le confessioni. Nell’aria, le voci dei giovani nell’assemblea si uniscono a quelle dei giovani del coro “Con un cuore solo” di Canepanova, in un’armonia carica di domande, paure, speranze.
Nella cappella del Sacro Cuore, gremita di giovani, il silenzio è palpabile. Al termine della catechesi viene esposto il Santissimo, e i sacerdoti presenti si mettono a disposizione per le confessioni. Nell’aria, le voci dei giovani nell’assemblea si uniscono a quelle dei giovani del coro “Con un cuore solo” di Canepanova, in un’armonia carica di domande, paure, speranze.
La preghiera
continua nella notte: «Quando vi mettete in ginocchio davanti a Gesù e gli
gridate la verità che vi portate nel cuore, gli gridate il motivo che vi rende
infelici – ha ricordato don Luigi Maria Epicoco –, contro di voi si mette un
esercito intero. Non a caso il primo argomento di catechesi del demonio è
“fatti da solo e rispondi solo a te stesso”. Ma quando gridi a Dio la tua
infelicità, tu cambi postura.
La preghiera non serve a cambiare il mondo, serve a cambiare noi. E il mondo cambia se cambiamo noi. Il mondo fuori da questa chiesa è ancora uguale a prima, siamo noi che abbiamo cambiato postura. Siamo noi che adesso sappiamo dove andare tutte le volte che ci sentiremo al buio. Se rivolgiamo gli occhi al Signore rivoluzioniamo tutto, perché l’essenziale è visibile agli occhi, dobbiamo solo lasciarci trasformare lo sguardo».
La preghiera non serve a cambiare il mondo, serve a cambiare noi. E il mondo cambia se cambiamo noi. Il mondo fuori da questa chiesa è ancora uguale a prima, siamo noi che abbiamo cambiato postura. Siamo noi che adesso sappiamo dove andare tutte le volte che ci sentiremo al buio. Se rivolgiamo gli occhi al Signore rivoluzioniamo tutto, perché l’essenziale è visibile agli occhi, dobbiamo solo lasciarci trasformare lo sguardo».
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