lunedì 29 gennaio 2018

I cattolici e la politica

«(…) La società civile si trova oggi all’interno di un complesso processo culturale che mostra la fine di un’epoca e l’incertezza per la nuova che emerge all’orizzonte. Le grandi conquiste di cui si è spettatori provocano a verificare il positivo cammino che l’umanità ha compiuto nel progresso e nell’acquisizione di condizioni di vita più umane. La crescita di responsabilità nei confronti di Paesi ancora in via di sviluppo è certamente un segno di grande rilievo, che mostra la crescente sensibilità per il bene comune. 

Insieme a questo, comunque, non è possibile sottacere i gravi pericoli a cui alcune tendenze culturali vorrebbero orientare le legislazioni e, di conseguenza, i comportamenti delle future generazioni. È oggi verificabile un certo relativismo culturale che offre evidenti segni di sé nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico che sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale. A seguito di questa tendenza non è inusuale, purtroppo, riscontrare in dichiarazioni pubbliche affermazioni in cui si sostiene che tale pluralismo etico è la condizione per la democrazia. Avviene così che, da una parte, i cittadini rivendicano per le proprie scelte morali la più completa autonomia mentre, dall’altra, i legislatori ritengono di rispettare tale libertà di scelta formulando leggi che prescindono dai principi dell’etica naturale per rimettersi alla sola condiscendenza verso certi orientamenti culturali o morali transitori, come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale valore.
Nel contempo, invocando ingannevolmente il valore della tolleranza, a una buona parte dei cittadini — e tra questi ai cattolici — si chiede di rinunciare a contribuire alla vita sociale e politica dei propri Paesi secondo la concezione della persona e del bene comune che loro ritengono umanamente vera e giusta, da attuare mediante i mezzi leciti che l’ordinamento giuridico democratico mette ugualmente a disposizione di tutti i membri della comunità politica. La storia del XX secolo basta a dimostrare che la ragione sta dalla parte di quei cittadini che ritengono del tutto falsa la tesi relativista secondo la quale non esiste una norma morale, radicata nella natura stessa dell’essere umano, al cui giudizio si deve sottoporre ogni concezione dell’uomo, del bene comune e dello Stato. (…)
La Chiesa è consapevole che la via della democrazia se, da una parte, esprime al meglio la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche, dall’altra si rende possibile solo nella misura in cui trova alla sua base una retta concezione della persona. Su questo principio l’impegno dei cattolici non può cedere a compromesso alcuno, perché altrimenti verrebbero meno la testimonianza della fede cristiana nel mondo e la unità e coerenza interiori dei fedeli stessi. La struttura democratica su cui uno Stato moderno intende costruirsi sarebbe alquanto fragile se non ponesse come suo fondamento la centralità della persona. È il rispetto della persona, peraltro, a rendere possibile la partecipazione democratica. Come insegna il Concilio Vaticano II, la tutela «dei diritti della persona umana è condizione perché i cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica». (…)

Papa Benedetto XVI al lavoro nel suo studio, foto L'Osservatore Romano

venerdì 26 gennaio 2018

Giornata della Memoria: "E ancora la notte trattiene il respiro"

È tardi è tardi, ormai dobbiamo andare. Esuli siamo, esuli, e questa è la condanna: per quanto tu non voglia, il nostro è un congedo. Ascolta tua madre! Eva non piangere, è inutile sbracciarsi come fronda al vento... Esuli siamo, esuli, la nostra è una condanna. Puoi solo ricordare quel viale tanto amato, che ci portava a casa, la nostra casa… La pendola in soggiorno e il pianoforte a coda, che tua madre suonava… Quante note e la tastiera, il quaderno di Magdalena, puoi solo ricordare… Ricorda la tua casa, per quanto puoi. Ricorda, perché mai più, mai più ci torneremo…” ("È tardi", Milva

In questi giorni gelidi risuonano nella mente e nel cuore le melodie de "La variante di Luneburg". Siamo pietrificati davanti all'orrore. Ma non basta. La memoria da sola non basta se non accende il pensiero sull'oggi: non esistono vite "non degne di essere vissute". Questo l'impegno, ora e sempre, per custodire l'umano.

La Variante di Luneburg e il Giorno della Memoria

sabato 13 gennaio 2018

Milva e Sanremo: premio alla carriera?

Se tu sei vicino a me, sognando insieme a te, la vita è tutta rosa…” È quasi l’ora di cena, dallo stereo arriva la voce maestosa di Milva. L’omaggio a Edith Piaf è solo uno dei tanti regali che la Rossa ha fatto al suo pubblico, pubblico che ha preso per mano e accompagnato per cinquant’anni su strade artistiche sempre nuove e imprevedibili. Da Don Backy a Piazzolla, da Berio a Battiato, da Brecht a Vangelis, da Theodorakis a Faletti, da Morricone a Jannacci. Milva ha sempre voluto provare meraviglia e cantarla, come quando nel 2004 ha dato nuova vita ad alcune poesie di Alda Merini con il disco “Milva canta Merini”.


L’arte è, l’arte deve essere una questione di meraviglia. Un incontro tra sensibilità e verità. Tra la verità, che non è sempre riconoscibile tra le pieghe del quotidiano, e la sensibilità dell’artista, che riesce a scorgerla e a renderla fruibile a tutti. Lo ha fatto egregiamente Milva con “La Variante di Luneburg”, fabula in musica con la quale ha chiuso la sua straordinaria carriera domenica 1 aprile 2012, al teatro Arena del Sole di Bologna. La malattia cercava di avere il sopravvento, ma l’urgenza di cantare ancora una volta le atrocità dell’Olocausto ha vinto i limiti del fisico. Impossibile dimenticare gli applausi scroscianti che hanno interrotto (ebbene sì) l’opera più volte. Milva sentiva che era la sua ultima esibizione, noi avvertivamo la stessa cosa. “Anime bianche nel cielo non vi scordate, per quanto sia il male, non vi scordate”: non c’era solo amore per il pubblico e per il teatro, c’era necessità di cantare. Coscienza e consapevolezza di poter trasmettere un messaggio di senso, regalando pensieri in un’epoca che vuole cancellare ogni forma di pensiero libero. 


sabato 6 gennaio 2018

Avvento: la Chiesa e i giovani

C’è un’attesa da riscoprire, c’è un percorso da riprogrammare, c’è un orizzonte da raggiungere. Non sono “patacche” le obiezioni alla quotidianità emerse nel percorso di preparazione al Natale proposto ai giovani dalla diocesi. Due i momenti: gli esercizi spirituali in preparazione all’Avvento prima, la messa di Avvento per il mondo dell’università poi. 
Il primo passo, come ha spiegato perfettamente padre Maurizio Botta, è accettare la nostra condizione di disadattati: «La cultura contemporanea, profondamente intrisa di ateismo materialista, ci racconta che ogni sforzo di bene è inutile, che siamo tutti numeri in un interminabile processo produttivo, che dopo la vita è finito tutto, stop, zero. La fatica del reale è troppa, la vita a volte è troppo pesante, difficile, ingiusta. Infinitamente triste. Ma noi siamo dei disadattati». La nostra insoddisfazione è così grande che “meno dell’infinito tutto ci annoia”, perché abbiamo tutti dentro, seppur a volte celata alla perfezione, una piccola scintilla di divino. È questa natura divina che rende il cuore dell’uomo profondamente umano, è grazie a questa scintilla che possiamo dirci fratelli e camminare insieme nel rispetto e nella pace. 

Esercizi spirituali di Natale per i giovani con il vescovo Corrado Sanguineti