“È tardi è tardi, ormai dobbiamo andare. Esuli siamo, esuli,
e questa è la condanna: per quanto tu non voglia, il nostro è un congedo.
Ascolta tua madre! Eva non piangere, è inutile sbracciarsi come fronda al vento...
Esuli siamo, esuli, la nostra è una condanna. Puoi solo ricordare quel viale
tanto amato, che ci portava a casa, la nostra casa… La pendola in soggiorno e
il pianoforte a coda, che tua madre suonava… Quante note e la tastiera, il
quaderno di Magdalena, puoi solo ricordare… Ricorda la tua casa, per quanto
puoi. Ricorda, perché mai più, mai più ci torneremo…” ("È tardi", Milva)
In questi giorni gelidi risuonano nella mente e nel cuore le melodie de "La variante di Luneburg". Siamo pietrificati davanti all'orrore. Ma non basta. La memoria da sola non basta se non accende il pensiero sull'oggi: non esistono vite "non degne di essere vissute". Questo l'impegno, ora e sempre, per custodire l'umano.
“...E nel primo
raggio di sole c’è un frullare d’ali: le allodole si levano alte e, come il
cuore, tra cielo e terra restano sospese…"
"Nel cuore di madre il sorriso del
bimbo non si cancella, nel cuore, anime bianche nel cielo non vi scordate, per
quanto sia il male non vi scordate… Anche se il cielo vi chiama, in alto, il
vostro sguardo lassù resta incantato, anime bianche, anche se il cielo vi
chiama in alto, il vostro sguardo resta incantato da ciò che avete amato…”
“...E
ancora la notte trattiene il respiro, in una prolungata apnea. Ma non per molto
ancora, che già il sole del suo cappello di feltro leva la tesa nera…” (“Allodole”,
Milva, “La Variante di Luneburg”)
Parole belle e disperate insieme
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