Matrimonio, prete, suora, frate. Ecco gli stati di vita
possibili, ecco i modelli ai quali dobbiamo conformarci. Questa è l’immagine
della Chiesa che solitamente passa, una Chiesa allineata ai valori, più esposti
che vissuti, di una società borghese in crisi (rileggere Svevo oggi è
illuminante). Ma la nostra identità deve passare per forza da un modello? Una
regola di vita è una violenza alla nostra identità? Se siamo unici,
irripetibili, diversi, perché dobbiamo aderire a un modello statico e
universale?
Si è aperto così il quarto incontro de “La Quinta Direzione”, il
cammino vocazionale per giovani che si tiene nel seminario vescovile di Pavia.
Sul maxischermo è comparsa la figura di una donna. I capelli raccolti, un abito
semplice ma elegante. Nel 1973, interpellata da un giornalista di “Spazio”,
dice: «Di’
ai giovani che la vita è bella, che non devono avere paura, che la vita
vale la pena che sia vissuta fino in fondo. Devono pagare di persona, debbono
farla finita con le troppe parole, con le dispersioni, con le dissipazioni. Di’
loro che imparino a diventare onesti dentro, di fondo, rigorosamente onesti con
se stessi. Che paghino, non abbiano paura, si diano fino in fondo, perché così
la vita è bella, solo così la vita è bella».
Questa donna è Annalena Tonelli: nata a Forlì nel 1943, Annalena è fin da giovane uno spirito inquieto. Laureata in Legge, fonda presto il Comitato per la lotta contro la fame nel mondo. Poi lascia l’Italia per l’Africa, dove si mette a servizio delle popolazioni musulmane più povere. «Nel 1974 Annalena, nonostante la laurea in Legge, mette a punto un protocollo di cura per la tubercolosi che viene riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità – racconta don Luca Massari –. Ecco cosa può fare Dio se un cuore gli si dona. Annalena è nata differenziandosi dagli stati di vita tradizionalmente conosciuti, ed è testimone della possibilità di originalità.
C’è sempre spazio per una storia nuova da scrivere, e questo spazio è all’interno della Chiesa. Se ti lasci amare da Dio, se accetti il suo disegno su di te, la tua vita è realizzata, la tua vita, come dice il Concilio Vaticano II, è sensata».
Questa donna è Annalena Tonelli: nata a Forlì nel 1943, Annalena è fin da giovane uno spirito inquieto. Laureata in Legge, fonda presto il Comitato per la lotta contro la fame nel mondo. Poi lascia l’Italia per l’Africa, dove si mette a servizio delle popolazioni musulmane più povere. «Nel 1974 Annalena, nonostante la laurea in Legge, mette a punto un protocollo di cura per la tubercolosi che viene riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità – racconta don Luca Massari –. Ecco cosa può fare Dio se un cuore gli si dona. Annalena è nata differenziandosi dagli stati di vita tradizionalmente conosciuti, ed è testimone della possibilità di originalità.
C’è sempre spazio per una storia nuova da scrivere, e questo spazio è all’interno della Chiesa. Se ti lasci amare da Dio, se accetti il suo disegno su di te, la tua vita è realizzata, la tua vita, come dice il Concilio Vaticano II, è sensata».
Ed è proprio leggendo la
costituzione dogmatica “Lumen Gentium” che si trova il filo rosso: «Tutti
siamo chiamati alla santità, al di là del nostro “genere di vita”, come lo
definisce il Concilio andando oltre l’idea di uno stato di vita immobile –
spiega don Luca –. Non ho intenzione di sposarmi, non voglio avere figli,
allora potrei fare il prete. No, proprio perché potresti essere un buon padre
di famiglia potrai diventare un buon sacerdote. Non voglio ritrovarmi da solo
un giorno, meglio iniziare una relazione e magari una convivenza. No, gli sposi
e i genitori sono chiamati a diventare “testimoni e cooperatori della fecondità
della madre Chiesa”, dunque il matrimonio è l’esigenza intrinseca di un vero
amore, e non una scelta di comodo».
Così “Lumen Gentium” si rivolge poi alle persone vedove e celibatarie (vedi punto 41): «Le quali pure possono contribuire non poco alla santità e alla operosità della Chiesa. Quelli poi che sono dediti a lavori spesso faticosi, devono con le opere umane perfezionare se stessi, aiutare i concittadini e far progredire tutta la società e la creazione verso uno stato migliore; devono infine, con carità operosa, imitare Cristo, le cui mani si esercitarono in lavori manuali e il quale sempre opera col Padre alla salvezza di tutti, in ciò animati da una gioiosa speranza, aiutandosi gli uni gli altri a portare i propri fardelli, ascendendo mediante il lavoro quotidiano a una santità sempre più alta, santità che sarà anche apostolica».
E ancora, alle persone gravemente malate o povere o inferme: «Il Signore nel Vangelo li ha proclamati beati».
Così “Lumen Gentium” si rivolge poi alle persone vedove e celibatarie (vedi punto 41): «Le quali pure possono contribuire non poco alla santità e alla operosità della Chiesa. Quelli poi che sono dediti a lavori spesso faticosi, devono con le opere umane perfezionare se stessi, aiutare i concittadini e far progredire tutta la società e la creazione verso uno stato migliore; devono infine, con carità operosa, imitare Cristo, le cui mani si esercitarono in lavori manuali e il quale sempre opera col Padre alla salvezza di tutti, in ciò animati da una gioiosa speranza, aiutandosi gli uni gli altri a portare i propri fardelli, ascendendo mediante il lavoro quotidiano a una santità sempre più alta, santità che sarà anche apostolica».
E ancora, alle persone gravemente malate o povere o inferme: «Il Signore nel Vangelo li ha proclamati beati».
I generi di vita non sono dunque gabbie che imprigionano,
ma indicazioni stradali che portano fuori dal labirinto. E possiamo guardare a
questi modelli senza l’angoscia di chi ancora non si riconosce in nessuno,
perché: «Tutti quelli che credono in Cristo saranno quindi ogni giorno più
santificati nelle condizioni, nei doveri o circostanze che sono quelle della
loro vita, e per mezzo di tutte queste cose, se le ricevono con fede dalla mano
del Padre celeste e cooperano con la volontà divina, manifestando a tutti,
nello stesso servizio temporale, la carità con la quale Dio ha amato il mondo».
(Grazie a Luca che ha fotografato per gli amici del parco di Giacomo il
seminario di Pavia aperto e illuminato per “La Quinta Direzione”)
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