«Regna tra gli uomini, per arcano e benigno mistero della divina
volontà, una solidarietà soprannaturale, per cui il peccato di uno nuoce anche
agli altri, così come la santità di uno apporta beneficio agli altri». Così
scriveva papa Paolo VI, nella costituzione apostolica “Indulgentiarum doctrina”,
il 1° gennaio del 1967.
Sono parole da rileggere in questi giorni di visite ai cimiteri, giorni durante i quali è anche possibile lucrare l’indulgenza plenaria per i defunti: «Cristo, infatti, "il quale non commise peccato", "patì per noi", "fu ferito per le nostre iniquità, schiacciato per i nostri delitti... per le sue piaghe siamo stati guariti". Seguendo le orme di Cristo, i fedeli cristiani sempre si sono sforzati di aiutarsi vicendevolmente nella via che va al Padre celeste, mediante la preghiera, lo scambio di beni spirituali e la espiazione penitenziale; più erano animati dal fervore della carità tanto maggiormente imitavano Cristo sofferente, portando la propria croce in espiazione dei propri e degli altrui peccati, persuasi di poter aiutare i loro fratelli presso Dio, Padre delle misericordie, a conseguire la propria salvezza.
È questo l’antichissimo dogma della comunione dei santi, mediante il quale la vita dei singoli figli di Dio in Cristo e per mezzo di Cristo viene congiunta con legame meraviglioso alla vita di tutti gli altri fratelli cristiani nella soprannaturale unità del corpo mistico di Cristo, fin quasi a formare una sola mistica persona».
Sono parole da rileggere in questi giorni di visite ai cimiteri, giorni durante i quali è anche possibile lucrare l’indulgenza plenaria per i defunti: «Cristo, infatti, "il quale non commise peccato", "patì per noi", "fu ferito per le nostre iniquità, schiacciato per i nostri delitti... per le sue piaghe siamo stati guariti". Seguendo le orme di Cristo, i fedeli cristiani sempre si sono sforzati di aiutarsi vicendevolmente nella via che va al Padre celeste, mediante la preghiera, lo scambio di beni spirituali e la espiazione penitenziale; più erano animati dal fervore della carità tanto maggiormente imitavano Cristo sofferente, portando la propria croce in espiazione dei propri e degli altrui peccati, persuasi di poter aiutare i loro fratelli presso Dio, Padre delle misericordie, a conseguire la propria salvezza.
È questo l’antichissimo dogma della comunione dei santi, mediante il quale la vita dei singoli figli di Dio in Cristo e per mezzo di Cristo viene congiunta con legame meraviglioso alla vita di tutti gli altri fratelli cristiani nella soprannaturale unità del corpo mistico di Cristo, fin quasi a formare una sola mistica persona».
Come ogni anno, alla parrocchia San Luigi Orione di Pavia si
è tenuta una processione molto particolare: al termine della messa del 2
novembre, sono stati portati all’altare i ceri con i nomi dei cari defunti
morti nell’anno. «Tanti ceri formano una croce», ha ricordato il parroco don
Antonio Lecchi, una croce davanti alla quale sostiamo in silenzio, con il cuore
gonfio di malinconia e speranza. Una croce che ci fa vicini, come una vera
comunità in preghiera di fronte al Mistero.
E le parole di Paolo VI risuonano feconde nel cuore: «In tal modo si manifesta il "tesoro della Chiesa". Infatti, non lo si deve considerare come la somma di beni materiali, accumulati nel corso dei secoli, ma come l’infinito ed inesauribile valore che le espiazioni e i meriti di Cristo hanno presso il Padre ed offerti perché tutta l’umanità fosse liberata dal peccato e pervenisse alla comunione con il Padre; è lo stesso Cristo redentore, in cui sono e vivono le soddisfazioni ed i meriti della sua redenzione».
E le parole di Paolo VI risuonano feconde nel cuore: «In tal modo si manifesta il "tesoro della Chiesa". Infatti, non lo si deve considerare come la somma di beni materiali, accumulati nel corso dei secoli, ma come l’infinito ed inesauribile valore che le espiazioni e i meriti di Cristo hanno presso il Padre ed offerti perché tutta l’umanità fosse liberata dal peccato e pervenisse alla comunione con il Padre; è lo stesso Cristo redentore, in cui sono e vivono le soddisfazioni ed i meriti della sua redenzione».
Il legame con i nostri cari defunti è più vivo che mai,
e può portare molto frutto se illuminato dalla preghiera: «La Chiesa
pertanto invita anche ai nostri giorni tutti i suoi figli a valutare in pieno e
a riflettere quanto l’uso delle indulgenze sia di aiuto per la vita dei singoli
e di tutta la società cristiana. L’uso salutare delle indulgenze, tanto per
ricordare le cose più importanti, insegna in primo luogo quanto sia
"triste e amaro l’aver abbandonato il Signore Dio".
I fedeli, infatti, quando acquistano le indulgenze, comprendono che con le proprie forze non sarebbero capaci di riparare al male, che con il peccato hanno arrecato a se stessi e a tutta la comunità e perciò sono stimolati ad atti salutari di umiltà. Inoltre l’uso delle indulgenze ci dice quanto intimamente siamo uniti in Cristo gli uni con gli altri e quanto la vita soprannaturale di ciascuno possa giovare agli altri, affinché anche questi più facilmente e più intimamente possano essere uniti al Padre.
Pertanto l’uso delle indulgenze eccita efficacemente alla carità e la fa esercitare in modo eminente, allorché viene offerto un aiuto ai fratelli che dormono in Cristo».
I fedeli, infatti, quando acquistano le indulgenze, comprendono che con le proprie forze non sarebbero capaci di riparare al male, che con il peccato hanno arrecato a se stessi e a tutta la comunità e perciò sono stimolati ad atti salutari di umiltà. Inoltre l’uso delle indulgenze ci dice quanto intimamente siamo uniti in Cristo gli uni con gli altri e quanto la vita soprannaturale di ciascuno possa giovare agli altri, affinché anche questi più facilmente e più intimamente possano essere uniti al Padre.
Pertanto l’uso delle indulgenze eccita efficacemente alla carità e la fa esercitare in modo eminente, allorché viene offerto un aiuto ai fratelli che dormono in Cristo».
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