«Sono qui per dire che ognuno è immensamente amato da
Dio, il mio messaggio principale voglio sia questo. Non siamo mai abbandonati
qualunque sia la nostra condizione: dobbiamo crederlo con tutto il cuore e,
pertanto, lasciarci semplicemente amare». (Gianna Jessen)
Il 30 novembre Gianna
Jessen sarà a Pavia per la serata inaugurale del suo tour di conferenze in
Italia. Wikipedia la definisce “un'attivista antiabortista statunitense", ma chi
è davvero Gianna Jessen? Ecco come lei stessa si presenta: «Sono
stata abortita e non sono morta. La mia madre biologica era incinta di sette
mesi quando andò da Planned Parenthood nella California del sud e le
consigliarono di effettuare un aborto salino tardivo. Un aborto salino consiste
nell’iniezione di una soluzione di sale nell’utero della madre. Il bambino
inghiottisce la soluzione, che brucia il bambino dentro e fuori, e poi la madre
partorisce un bambino morto entro 24 ore. Questo è capitato a me! Sono rimasta nella soluzione per circa 18
ore e sono stata partorita viva il 6 aprile 1977 alle 6 del mattino in una
clinica per aborti della California.
C’erano giovani donne nella stanza che
avevano appena ricevuto le loro iniezioni ed aspettavano di partorire bambini
morti. Quando mi videro, provarono l’orrore dell’omicidio. Un’infermiera chiamò
un’ambulanza e mi fece trasferire all’ospedale. Fortunatamente per me il medico
abortista non era alla clinica. Ero arrivata in anticipo, non si aspettavano la
mia morte fino alle 9 del mattino, quando sarebbe probabilmente arrivato per il
turno d’ufficio.
Sono sicura che non sarei qui oggi se il medico abortista fosse stato alla clinica dato che il suo lavoro è togliere la vita, non sostenerla. Qualcuno ha detto che sono un “aborto mal riuscito”, il risultato di un lavoro non ben fatto. Fui salvata dal puro potere di Gesù Cristo. Signore e Signori, dovrei essere cieca, bruciata… dovrei essere morta! E tuttavia, io vivo!
Sono sicura che non sarei qui oggi se il medico abortista fosse stato alla clinica dato che il suo lavoro è togliere la vita, non sostenerla. Qualcuno ha detto che sono un “aborto mal riuscito”, il risultato di un lavoro non ben fatto. Fui salvata dal puro potere di Gesù Cristo. Signore e Signori, dovrei essere cieca, bruciata… dovrei essere morta! E tuttavia, io vivo!
Rimasi all’ospedale per circa tre mesi. Non c’era molta speranza per me
all’inizio. Pesavo solo nove etti. Oggi, sono sopravvissuti bambini più piccoli
di quanto lo ero io. Un medico una volta mi disse che avevo una gran voglia di
vivere e che lottavo per la mia vita. Alla fine potei lasciare l’ospedale ed
essere data in adozione. Per via di una mancanza di ossigeno durante l’aborto
vivo con la paralisi cerebrale. Quando mi fu diagnosticata, tutto quello che
potevo fare era stare sdraiata. Dissero alla mia madre adottiva che
difficilmente avrei mai potuto gattonare o camminare. Non riuscivo a reggermi e
mettermi a sedere da sola.
Attraverso le preghiere e l’impegno della mia madre
adottiva, e poi di tanta altra gente, alla fine ho imparato a sedere, a
gattonare e stare in piedi. Camminavo con un girello e un apparecchio
ortopedico alle gambe poco prima di compiere quattro anni. Fui adottata
legalmente dalla figlia della mia madre adottiva, Diana De Paul, pochi mesi
dopo che cominciai a camminare. Il Dipartimento dei Servizi Sociali non mi
avrebbe rilasciato prima per essere adottata. Ho continuato la fisioterapia per
la mia disabilità e, dopo in tutto quattro interventi chirurgici, ora posso
camminare senza assistenza. Non è sempre facile. A volte cado, ma ho imparato a
cadere con grazia dopo essere caduta per 19 anni.
Sono così grata per la mia paralisi cerebrale. Mi permette di
dipendere veramente solo da Gesù per ogni cosa. Sono felice di essere viva.
Sono quasi morta. Ogni giorno ringrazio Dio per la vita. Non mi considero un
sottoprodotto del concepimento, un pezzo di tessuto, o un altro dei titoli dati
ad un bambino nell’utero. Non penso che nessuna persona concepita sia una di
quelle cose. Ho incontrato altri sopravvissuti all’aborto. Sono tutti grati per
la vita. La cosa migliore che posso farvi vedere per difendere la vita è la mia
vita. È stata un grande dono».
L’incredibile vicenda di Gianna Jessen raggiunse
persino Madre Teresa di Calcutta che, dopo averla incontrata, disse: «Dio sta
usando Gianna per ricordare al mondo che ogni essere umano è prezioso per Lui. È
bello vedere la forza dell’amore di Gesù che Egli ha riversato nel suo cuore.
La mia preghiera per Gianna, e per tutti quelli che la ascoltano, è che il
messaggio dell’amore di Dio ponga fine all’aborto con il potere dell’amore».
Gianna Jessen sarà a Pavia venerdì 30 novembre alle 20.45 per la prima tappa italiana
del tour “Gianna Jessen. La bambina che non doveva nascere”: appuntamento al
Salone del Terzo Millennio c/o Casa del Giovane, Via Francesco Lomonaco 23.
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