“Mi chiamo Giorgio Ponte ho trentun anni e faccio lo
scrittore. Molti in questi giorni avranno sentito parlare di me come persona
con tendenze omosessuali che si è esposta in difesa della famiglia naturale.
Alcuni sicuramente sapranno che sono cattolico e che nella vita, con la fatica
e le difficoltà di tutti, cerco di vivere come tale.
Tutto questo è vero e tuttavia non basta a dire ciò che
sono, ma soprattutto non è il motivo per cui oggi sono qui, a questo Family
Day. Questa infatti non è una riunione di ultracattolici, né di
ultraconservatori, né, evidentemente, di eterosessuali. Questa piazza raduna
chiunque, uomo o donna, riesca ancora a riconoscere nella coppia
maschile-femminile, l’unica unione capace di concepire la vita e quindi adatta
a crescerla. E per fare questo non serve avere inclinazioni particolari, una
particolare fede, o un determinato colore politico.
Ma chi è qui, questo lo sa già.
Perciò, in quanto persona con tendenze omosessuali, oggi credo sia mio compito fare qualcosa di diverso, e cioè parlare a chi, di là, ci guarda e non capisce: coloro i quali stamattina si sono svegliati con la convinzione che una moltitudine di persone si sia radunata al Circo Massimo contro di loro. A queste persone dico: sappiate che qui c’è qualcuno che sa cosa provate. E si batterà fino alla fine, perché possiate capire cosa facciamo noi.
Io conosco il vostro dolore. Fa male non sentirsi capiti. Fa male credere che il mondo sia contro di noi. Fa male avere la sensazione che la gente esprima un giudizio sulla vostra vita, su chi amate, sulla natura di ciò che provate, come se ci fosse qualcuno in grado di entrare nelle profondità della vostra anima e guardare quanto ci sia di egoismo o quanto di amore vero. Fa male dover rinunciare a un desiderio spontaneo come quello di paternità o maternità.
Fa male, lo so.
Ma non è per questo che questa piazza si è riunita.
Ma chi è qui, questo lo sa già.
Perciò, in quanto persona con tendenze omosessuali, oggi credo sia mio compito fare qualcosa di diverso, e cioè parlare a chi, di là, ci guarda e non capisce: coloro i quali stamattina si sono svegliati con la convinzione che una moltitudine di persone si sia radunata al Circo Massimo contro di loro. A queste persone dico: sappiate che qui c’è qualcuno che sa cosa provate. E si batterà fino alla fine, perché possiate capire cosa facciamo noi.
Io conosco il vostro dolore. Fa male non sentirsi capiti. Fa male credere che il mondo sia contro di noi. Fa male avere la sensazione che la gente esprima un giudizio sulla vostra vita, su chi amate, sulla natura di ciò che provate, come se ci fosse qualcuno in grado di entrare nelle profondità della vostra anima e guardare quanto ci sia di egoismo o quanto di amore vero. Fa male dover rinunciare a un desiderio spontaneo come quello di paternità o maternità.
Fa male, lo so.
Ma non è per questo che questa piazza si è riunita.
Nessuno qui può permettersi di entrare nel merito di ciò che ogni singolo uomo
prova per qualcun altro. Nessuno vi chiede di cambiare il vostro stile di vita,
di lasciare il vostro compagno, di cambiare il vostro orientamento, di vivere
in castità: nessuno è qui per dirvi che siete sbagliati. E se qualcuno lo fa,
lo fa a titolo personale, sbagliando egli stesso.
Se nemmeno la Chiesa, nella sua saggezza, si arroga il diritto di dire a una persona con tendenze omosessuali di essere in sé stessa un errore, come potrebbe fare diversamente una piazza che mette insieme migliaia di persone di ogni credo o di nessun credo?
No. Qui, oggi, non vi si chiede di cambiare vita.
Ciò che vi si chiede, ciò che vi chiedo io, è di deporre le armi e guardare con verità alla storia da cui provenite, da cui tutti proveniamo: un maschio e una femmina, un papà e una mamma, che per qualche ragione, fortuita o volontaria, hanno fatto sì che noi oggi esistessimo.
Forse i vostri genitori non sono stati i migliori del mondo. Forse talora possono essere stati persino i peggiori.
Ma almeno voi sapete chi sono.
Noi abbiamo avuto la possibilità di saperlo, per potere farci i conti, per potere restituire a chi ci ha dato la vita, il giusto valore. Perché solo quando facciamo i conti col nostro passato, siamo liberi di affrontare il nostro futuro. E questo lo sa bene chi per disgrazia, questa possibilità non l’ha avuta, perché orfano, perché abbandonato.
Questa legge, il matrimonio gay camuffato sotto altro nome, facilita un sistema che un domani permetterà che migliaia di bambini vengano fatti crescere volontariamente e con l’avallo dello Stato privi di questo diritto: avere una mamma e un papà.
So bene che alcuni di voi questo lo capiscono, e chiedono solo una tutela, che più che tutela è un riconoscimento legale, sociale dalla vostra relazione. Ma purtroppo il clima e le condizioni attuali a livello politico, nazionale ed europeo, hanno spezzato le gambe a qualsiasi possibile compromesso. Non possiamo fare leggi a metà, senza adozioni, perché abbiamo visto che in tutti gli stati in cui sono state approvate, esse sono sempre state il trampolino di lancio per la parificazione col matrimonio e la conseguente possibilità di procreare usando donne e uomini come fornitori di materiale biologico, al pari di mucche e stalloni. Per questo, nessuna legge oggi è possibile.
Perciò se questo riuscite a comprenderlo, vi chiedo di riflettere: siete davvero pronti a prendervi questa responsabilità sulle generazioni future, in nome del vostro pur legittimo desiderio di riconoscimento?
Io no.
Se davvero desiderate essere padri e madri per le generazioni future, allora fate un gesto che solo un autentico genitore può fare: rinunciate al vostro desiderio per amore di questi figli.
Se nemmeno la Chiesa, nella sua saggezza, si arroga il diritto di dire a una persona con tendenze omosessuali di essere in sé stessa un errore, come potrebbe fare diversamente una piazza che mette insieme migliaia di persone di ogni credo o di nessun credo?
No. Qui, oggi, non vi si chiede di cambiare vita.
Ciò che vi si chiede, ciò che vi chiedo io, è di deporre le armi e guardare con verità alla storia da cui provenite, da cui tutti proveniamo: un maschio e una femmina, un papà e una mamma, che per qualche ragione, fortuita o volontaria, hanno fatto sì che noi oggi esistessimo.
Forse i vostri genitori non sono stati i migliori del mondo. Forse talora possono essere stati persino i peggiori.
Ma almeno voi sapete chi sono.
Noi abbiamo avuto la possibilità di saperlo, per potere farci i conti, per potere restituire a chi ci ha dato la vita, il giusto valore. Perché solo quando facciamo i conti col nostro passato, siamo liberi di affrontare il nostro futuro. E questo lo sa bene chi per disgrazia, questa possibilità non l’ha avuta, perché orfano, perché abbandonato.
Questa legge, il matrimonio gay camuffato sotto altro nome, facilita un sistema che un domani permetterà che migliaia di bambini vengano fatti crescere volontariamente e con l’avallo dello Stato privi di questo diritto: avere una mamma e un papà.
So bene che alcuni di voi questo lo capiscono, e chiedono solo una tutela, che più che tutela è un riconoscimento legale, sociale dalla vostra relazione. Ma purtroppo il clima e le condizioni attuali a livello politico, nazionale ed europeo, hanno spezzato le gambe a qualsiasi possibile compromesso. Non possiamo fare leggi a metà, senza adozioni, perché abbiamo visto che in tutti gli stati in cui sono state approvate, esse sono sempre state il trampolino di lancio per la parificazione col matrimonio e la conseguente possibilità di procreare usando donne e uomini come fornitori di materiale biologico, al pari di mucche e stalloni. Per questo, nessuna legge oggi è possibile.
Perciò se questo riuscite a comprenderlo, vi chiedo di riflettere: siete davvero pronti a prendervi questa responsabilità sulle generazioni future, in nome del vostro pur legittimo desiderio di riconoscimento?
Io no.
Se davvero desiderate essere padri e madri per le generazioni future, allora fate un gesto che solo un autentico genitore può fare: rinunciate al vostro desiderio per amore di questi figli.
Da sempre come uomo e come scrittore, ho desiderato raccontare al mondo la Speranza.
Anche oggi qui, è una Speranza che voglio raccontare: quella di un mondo dove le persone non siano più catalogate e ridotte in base alle loro inclinazioni sessuali; dove i bambini siano custoditi e protetti perché conoscano le loro radici; dove le donne riscoprano la bellezza della loro maternità e non pensino che per essere libere debbano rinunciarvi o al contrario mercificarla; dove gli uomini riconoscano che per essere tali non gli è richiesto di non essere fragili o di non avere paura, e nemmeno di non provare questa o quella pulsione.
Poiché un uomo è prima di tutto colui che assume su di sé la sua fragilità e affrontando la paura, muore a sé stesso per coloro che ama.
Un mondo del genere, una speranza del genere è possibile, se tutti dopo questa manifestazione, legge o non legge, lavoreremo da domani perché lo sia, possibile. Se tutti la smetteremo di ragionare in termini di “noi” e “loro” e capiremo che noi, in realtà siamo tutti.
Io non appartengo ad associazioni, movimenti, o gruppi. Eppure rappresento un mondo, un universo sommerso che attende di trovare il coraggio di svelarsi.
Per quanto possa sembrare poco, sono qui a nome mio e di chi come me in questa battaglia in difesa dell’essere umano si ritrova stretto fra due fuochi: quello di chi condivide il nostro punto di vista ma non l’attrazione per lo stesso sesso, e pur osannando il nostro contributo, non riesce a capire davvero cosa viviamo; e quello di chi dall’altra parte condivide la nostra attrazione per lo stesso sesso, ma non la nostra visione e ci guarda come traditori.
Eliseo del Deserto, Adamo Creato, Cristoforo Libero, Emmanuele Wundt, Luca di Aquila, Costanzo in Cammino… siamo in tanti, molti più di quanti crediate, alcuni che nel loro piccolo iniziano anche ad esporsi con il loro nome. Spesso catalogati dall’uno e dall’altro schieramento, secondo ciò è più semplice da capire per entrambi: “gay cattolici, contro i diritti dei gay”.
Ma non è così semplice.
La nostra presenza qui ha il compito di ricordare a tutti che noi non stiamo manifestando contro le persone con tendenze omosessuali, ma contro un’ideologia che danneggia anche chi la sostiene.
Perciò se da un lato chiedo a chi sostiene i diritti gay di guardare alle ripercussioni che la legge sulle unioni civili avrebbe sulla generazioni future; dall’altro chiedo a chi è qui, e come me ha tendenze omosessuali, di prendersi la responsabilità di alzare la testa, di dire la sua, perché altri trovino il coraggio di farlo. Perché nessuno dia più per scontato che un omosessuale, quand’anche si definisse tale, non sia per questo in grado di riconoscere la famiglia naturale come luogo unico e privilegiato per la crescita dei bambini.
Per troppo tempo siamo stati fraintesi. Per troppo tempo abbiamo creduto di non potere fare la differenza; che questa fosse una battaglia che in fondo non ci apparteneva. Ma i figli di una nazione sono responsabilità di tutti, e ciò che possiamo fare noi, non lo può fare nessun altro come noi. Non possiamo sempre delegare ad altri. È giunto il momento che ognuno si prenda la propria responsabilità nei confronti di coloro che lo circondano. Prima di tutto verso quei fratelli che hanno tendenze omosessuali e credono che nessuno qui, al Circo Massimo, capisca cosa vivono.
La nostra presenza qui ha il compito di ricordare a tutti che noi non stiamo manifestando contro le persone con tendenze omosessuali, ma contro un’ideologia che danneggia anche chi la sostiene.
Perciò se da un lato chiedo a chi sostiene i diritti gay di guardare alle ripercussioni che la legge sulle unioni civili avrebbe sulla generazioni future; dall’altro chiedo a chi è qui, e come me ha tendenze omosessuali, di prendersi la responsabilità di alzare la testa, di dire la sua, perché altri trovino il coraggio di farlo. Perché nessuno dia più per scontato che un omosessuale, quand’anche si definisse tale, non sia per questo in grado di riconoscere la famiglia naturale come luogo unico e privilegiato per la crescita dei bambini.
Per troppo tempo siamo stati fraintesi. Per troppo tempo abbiamo creduto di non potere fare la differenza; che questa fosse una battaglia che in fondo non ci apparteneva. Ma i figli di una nazione sono responsabilità di tutti, e ciò che possiamo fare noi, non lo può fare nessun altro come noi. Non possiamo sempre delegare ad altri. È giunto il momento che ognuno si prenda la propria responsabilità nei confronti di coloro che lo circondano. Prima di tutto verso quei fratelli che hanno tendenze omosessuali e credono che nessuno qui, al Circo Massimo, capisca cosa vivono.
Nel Family Day del 2007 il compianto Don Benzi disse che “gli omosessuali un
giorno si sarebbero levati in difesa della famiglia”.
Io vi prego: fate, finalmente, che quel giorno sia arrivato. E che non sia solo in difesa della famiglia, ma in difesa di tutti noi.” (“Per uomini che si caricano la loro fragilità”, di Giorgio Ponte, La Croce Quotidiano, 03/02/2016)
Io vi prego: fate, finalmente, che quel giorno sia arrivato. E che non sia solo in difesa della famiglia, ma in difesa di tutti noi.” (“Per uomini che si caricano la loro fragilità”, di Giorgio Ponte, La Croce Quotidiano, 03/02/2016)
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