Che cosa fare a Capodanno? Un viaggio. Un viaggio
indietro nel tempo, nei dodici mesi che ora si concludono, un viaggio a ritroso
tra le gioie e le ferite che si sono impresse nell’anima. Il viaggio, per chi
crede, può trasformarsi in Te Deum, in canto di lode al Signore per i doni
concessi. Per tutti, questo viaggio all’indietro nell’anno trascorso può
diventare occasione di rinascita. Perché tutto questa notte acquista una luce
particolare, perché tutto può essere rivissuto come da un altopiano, con il
distacco necessario e la lucidità conquistata, perché “da lontano tutto è
nitido, da lontano in un attimo il sereno si intravede già, e i temporali si
allontanano”. Non partiamo soli, riempiamo le nostre valigie di testimoni
luminosi, capaci non solo di indicarci la strada giusta, ma di camminare al
nostro fianco.
«Un altro anno si avvia a conclusione mentre ne attendiamo
uno nuovo: con la trepidazione, i desideri e le attese di sempre. Se si pensa
all’esperienza della vita, si rimane stupiti di quanto in fondo essa sia breve
e fugace. Per questo, non poche volte si è raggiunti dall’interrogativo: quale
senso possiamo dare ai nostri giorni? Quale senso, in particolare, possiamo
dare ai giorni di fatica e di dolore? Questa è una domanda che attraversa la
storia, anzi attraversa il cuore di ogni generazione e di ogni essere umano. Ma
a questa domanda c’è una risposta: è scritta nel volto di un Bambino che
duemila anni fa è nato a Betlemme e che oggi è il Vivente, per sempre risorto
da morte. Nel tessuto dell’umanità lacerato da tante ingiustizie, cattiverie e
violenze, irrompe in maniera sorprendente la novità gioiosa e liberatrice di
Cristo Salvatore, che nel mistero della sua Incarnazione e della sua Nascita ci
fa contemplare la bontà e la tenerezza di Dio. Dio eterno è entrato nella
nostra storia e rimane presente in modo unico nella persona di Gesù, il suo
Figlio fatto uomo, il nostro Salvatore, venuto sulla terra per rinnovare
radicalmente l’umanità e liberarla dal peccato e dalla morte, per elevare
l’uomo alla dignità di figlio di Dio. Il Natale non richiama solo il compimento
storico di questa verità che ci riguarda direttamente, ma, in modo misterioso e
reale, ce la dona di nuovo». (Benedetto XVI, 31 dicembre 2011)
«Allo
scoccare della mezzanotte, che segna questo storico passaggio, sostiamo, con il
cuore ricolmo di gratitudine, a considerare le alterne vicende del secolo e del
millennio trascorsi. Drammi e speranze, gioie e sofferenze, vittorie e
sconfitte; su tutto emerge la consapevolezza che Dio guida gli eventi
dell'umanità. Egli cammina con gli uomini, e non cessa di compiere grandi cose.
Come non ringraziarlo, in questa notte? Come non ripetergli: "In te,
Domine, speravi, non confundar in aeternum"? Sì, "In te, Signore, ho
sperato, non sarò confuso in eterno"! Al termine del consueto incontro di
preghiera che contrassegna ogni giorno dell'Anno giubilare, e che quest'oggi si
svolge nella notte al chiudersi dell'anno Duemila, il nostro sguardo si fissa
su Cristo, Salvatore dell'uomo. Senza di Lui la vita non raggiunge il suo
ultimo destino. E' Lui che con la sua saggezza e con la forza del suo Spirito
ci aiuta ad affrontare le sfide del nuovo millennio; è Lui che ci rende capaci
di spendere l'esistenza per la gloria di Dio e per il bene dell'umanità.
Dobbiamo ripartire da Lui ed essere i suoi testimoni nel futuro che ci attende».
(Giovanni Paolo II, 31 dicembre 2000)
«E se vogliamo completare a questo
riguardo l’effusione dei nostri sentimenti cristiani dobbiamo fare un altro
passo. Non basta guardare indietro; dobbiamo guardare avanti. E non solo con i
programmi preventivi per l’anno nuovo, e non certo con oroscopi fantastici
sull’avvenire; ma piuttosto con lo sguardo al disegno essenziale della nostra
vita proiettata nel futuro, sia temporale, sia eterno, quale la nostra fede ci
annuncia, anche se, durante questa vita mortale, solo «in aenigmate», come
dice San Paolo (1 Cor. 13, 12), nella penombra. È questa un’esigenza
fondamentale della nostra fede: il pensiero della vita futura non ci deve mai
abbandonare. Esso penetra il messaggio evangelico. La visione, così detta,
escatologica, cioè delle ultime realtà, è sempre presente nell’insegnamento di
Gesù, tanto da costituire un elemento essenziale e terminale del suo messaggio
della salvezza. Ed è visione troppo spesso dimenticata, anche dalla mentalità
di tanti che si professano cristiani. L’attualità ci assorbe. Il presente
sembra solo valere, sia come tempo, sia come quadro della vita che nel tempo si
svolge; è una delle conseguenze della secolarizzazione, dell’orizzontalismo, dell’attualismo, dell’incredulità. Qui bisogna ben fare attenzione: anche il
cristiano vive nel tempo; e del tempo, con tutti i suoi doveri e valori, egli
deve fare grande calcolo, anzi più degli altri: è nel tempo che si compie
l’esperimento, l’esame, per la sorte del suo futuro ed eterno destino, ed è nel
tempo che si deve edificare la città terrena, sviluppata, giusta ed umana, nel
suo progresso e nella sua storia, impegnandovi l’attività dei credenti,
cittadini della terra; ma è altresì nel tempo che si annuncia e s’inizia il
regno di Dio, che avrà oltre il tempo la sua pienezza. Occorre aver sempre
presente allo spirito questa bivalenza del tempo per il cristiano: è dono
presente, è promessa per il futuro; e l’attenzione a questa promessa fa sì che
il dono presente non è svalutato; si bene è intensamente impiegato e
saggiamente goduto (cfr. Gaudium et spes, nn. 39-40)». (Paolo VI, 31 dicembre
1969)
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