sabato 28 dicembre 2019

Cosa fai a Capodanno? Un viaggio

Che cosa fare a Capodanno? Un viaggio. Un viaggio indietro nel tempo, nei dodici mesi che ora si concludono, un viaggio a ritroso tra le gioie e le ferite che si sono impresse nell’anima. Il viaggio, per chi crede, può trasformarsi in Te Deum, in canto di lode al Signore per i doni concessi. Per tutti, questo viaggio all’indietro nell’anno trascorso può diventare occasione di rinascita. Perché tutto questa notte acquista una luce particolare, perché tutto può essere rivissuto come da un altopiano, con il distacco necessario e la lucidità conquistata, perché “da lontano tutto è nitido, da lontano in un attimo il sereno si intravede già, e i temporali si allontanano”. Non partiamo soli, riempiamo le nostre valigie di testimoni luminosi, capaci non solo di indicarci la strada giusta, ma di camminare al nostro fianco.

Il 31 dicembre accendere una lanterna cinese

«Un altro anno si avvia a conclusione mentre ne attendiamo uno nuovo: con la trepidazione, i desideri e le attese di sempre. Se si pensa all’esperienza della vita, si rimane stupiti di quanto in fondo essa sia breve e fugace. Per questo, non poche volte si è raggiunti dall’interrogativo: quale senso possiamo dare ai nostri giorni? Quale senso, in particolare, possiamo dare ai giorni di fatica e di dolore? Questa è una domanda che attraversa la storia, anzi attraversa il cuore di ogni generazione e di ogni essere umano. Ma a questa domanda c’è una risposta: è scritta nel volto di un Bambino che duemila anni fa è nato a Betlemme e che oggi è il Vivente, per sempre risorto da morte. Nel tessuto dell’umanità lacerato da tante ingiustizie, cattiverie e violenze, irrompe in maniera sorprendente la novità gioiosa e liberatrice di Cristo Salvatore, che nel mistero della sua Incarnazione e della sua Nascita ci fa contemplare la bontà e la tenerezza di Dio. Dio eterno è entrato nella nostra storia e rimane presente in modo unico nella persona di Gesù, il suo Figlio fatto uomo, il nostro Salvatore, venuto sulla terra per rinnovare radicalmente l’umanità e liberarla dal peccato e dalla morte, per elevare l’uomo alla dignità di figlio di Dio. Il Natale non richiama solo il compimento storico di questa verità che ci riguarda direttamente, ma, in modo misterioso e reale, ce la dona di nuovo». (Benedetto XVI, 31 dicembre 2011) 

Spettacolo pirotecnico sul porto la notte di Capodanno

«Allo scoccare della mezzanotte, che segna questo storico passaggio, sostiamo, con il cuore ricolmo di gratitudine, a considerare le alterne vicende del secolo e del millennio trascorsi. Drammi e speranze, gioie e sofferenze, vittorie e sconfitte; su tutto emerge la consapevolezza che Dio guida gli eventi dell'umanità. Egli cammina con gli uomini, e non cessa di compiere grandi cose. Come non ringraziarlo, in questa notte? Come non ripetergli: "In te, Domine, speravi, non confundar in aeternum"? Sì, "In te, Signore, ho sperato, non sarò confuso in eterno"! Al termine del consueto incontro di preghiera che contrassegna ogni giorno dell'Anno giubilare, e che quest'oggi si svolge nella notte al chiudersi dell'anno Duemila, il nostro sguardo si fissa su Cristo, Salvatore dell'uomo. Senza di Lui la vita non raggiunge il suo ultimo destino. E' Lui che con la sua saggezza e con la forza del suo Spirito ci aiuta ad affrontare le sfide del nuovo millennio; è Lui che ci rende capaci di spendere l'esistenza per la gloria di Dio e per il bene dell'umanità. Dobbiamo ripartire da Lui ed essere i suoi testimoni nel futuro che ci attende». (Giovanni Paolo II, 31 dicembre 2000) 

La notte di Capodanno e i fuochi d'artificio

«E se vogliamo completare a questo riguardo l’effusione dei nostri sentimenti cristiani dobbiamo fare un altro passo. Non basta guardare indietro; dobbiamo guardare avanti. E non solo con i programmi preventivi per l’anno nuovo, e non certo con oroscopi fantastici sull’avvenire; ma piuttosto con lo sguardo al disegno essenziale della nostra vita proiettata nel futuro, sia temporale, sia eterno, quale la nostra fede ci annuncia, anche se, durante questa vita mortale, solo «in aenigmate», come dice San Paolo (1 Cor. 13, 12), nella penombra. È questa un’esigenza fondamentale della nostra fede: il pensiero della vita futura non ci deve mai abbandonare. Esso penetra il messaggio evangelico. La visione, così detta, escatologica, cioè delle ultime realtà, è sempre presente nell’insegnamento di Gesù, tanto da costituire un elemento essenziale e terminale del suo messaggio della salvezza. Ed è visione troppo spesso dimenticata, anche dalla mentalità di tanti che si professano cristiani. L’attualità ci assorbe. Il presente sembra solo valere, sia come tempo, sia come quadro della vita che nel tempo si svolge; è una delle conseguenze della secolarizzazione, dell’orizzontalismo, dell’attualismo, dell’incredulità. Qui bisogna ben fare attenzione: anche il cristiano vive nel tempo; e del tempo, con tutti i suoi doveri e valori, egli deve fare grande calcolo, anzi più degli altri: è nel tempo che si compie l’esperimento, l’esame, per la sorte del suo futuro ed eterno destino, ed è nel tempo che si deve edificare la città terrena, sviluppata, giusta ed umana, nel suo progresso e nella sua storia, impegnandovi l’attività dei credenti, cittadini della terra; ma è altresì nel tempo che si annuncia e s’inizia il regno di Dio, che avrà oltre il tempo la sua pienezza. Occorre aver sempre presente allo spirito questa bivalenza del tempo per il cristiano: è dono presente, è promessa per il futuro; e l’attenzione a questa promessa fa sì che il dono presente non è svalutato; si bene è intensamente impiegato e saggiamente goduto (cfr. Gaudium et spes, nn. 39-40)». (Paolo VI, 31 dicembre 1969) 


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