“Quando sento che mi prende la depressione, torno a
Firenze a guardare la cupola del Brunelleschi: se il genio dell’uomo è arrivato
a tanto, allora anche io posso e devo provare a creare, agire, vivere.” (Franco
Zeffirelli)
Proprio non riuscivo a capire Firenze. Non trovavo la chiave per
andare oltre le immagini da cartolina. Non capivo dove fosse Firenze nei
marciapiedi sporchi, spesso maleodoranti. Non capivo dove fosse Firenze in un
turismo di rapina, che invade le vie sgomitando, calpestando passanti e lapidi.
Non capivo dove fosse Firenze nel fiume di persone che fotografano all’impazzata senza neanche guardare le opere d’arte disseminate ovunque. Non lo capivo mentre giravo guardando Maps sullo smartphone, preoccupato di raggiungere tutti i monumenti più importanti nei pochi giorni a disposizione.
Non capivo dove fosse Firenze nel fiume di persone che fotografano all’impazzata senza neanche guardare le opere d’arte disseminate ovunque. Non lo capivo mentre giravo guardando Maps sullo smartphone, preoccupato di raggiungere tutti i monumenti più importanti nei pochi giorni a disposizione.
Poi
l’ispirazione, che arriva al telefono, da un amico lontano oltre 300km: «Vai
sul sagrato del duomo e alza lo sguardo, lì c’è qualcosa per te. Poi cerca il
volto di Palazzo Vecchio. E, soprattutto, lascia perdere le mappe. Perditi nei
vicoli, sbaglia strada, dimentica l’orologio: è Firenze che deve raccontarsi a
te».
Il sole è già tramontato, la cena è quasi pronta, ma lascio tutto e corro davanti alla facciata del duomo. I potenti fari vi rimbalzano contro morbidamente, il chiarore si diffonde tutto attorno. Difficile notarlo da soli, strattonati dal parapiglia della piazza. Ma, se ci si porta sul sagrato del duomo, proprio davanti al portone principale, e si alza lo sguardo, ecco la sorpresa: la Madonna tiene in mano il Bambin Gesù che ti guarda. Sì, ti guarda dritto negli occhi e con la mano ti benedice. Guarda e benedice proprio te, piccolo puntino in mezzo a migliaia di puntini in movimento nella piazza.
Il sole è già tramontato, la cena è quasi pronta, ma lascio tutto e corro davanti alla facciata del duomo. I potenti fari vi rimbalzano contro morbidamente, il chiarore si diffonde tutto attorno. Difficile notarlo da soli, strattonati dal parapiglia della piazza. Ma, se ci si porta sul sagrato del duomo, proprio davanti al portone principale, e si alza lo sguardo, ecco la sorpresa: la Madonna tiene in mano il Bambin Gesù che ti guarda. Sì, ti guarda dritto negli occhi e con la mano ti benedice. Guarda e benedice proprio te, piccolo puntino in mezzo a migliaia di puntini in movimento nella piazza.
Il
volto di Palazzo Vecchio invece? A destra del portone, a pochi metri
dall’imponente David, c’è un volto scolpito, abbozzato sulla facciata. Sarebbe
stato proprio Michelangelo a immortalare i tratti di questo volto, forse un
uomo che lo importunava spesso (da qui “l’Importuno di Michelangelo”, eseguito
con le mani dietro la schiena) o un condannato a morte, la cui espressione
aveva colpito così tanto il maestro da costringerlo ad abbozzare subito quei
lineamenti.
Da lì, tutto cambia. Senza mappa, senza guida, senza paura di
perdersi. Firenze si lascia scoprire guidando il visitatore fra i suoi lunghi
vicoli e le sue piazze nascoste. Con la cupola del Brunelleschi che sovrasta i
palazzi antichi e si erge come stella polare per chi è in cammino. Perché, oltre
ai suoi edifici più famosi, oltre alle statue, oltre alle chiese, ci sono
ancora piccoli esercizi storici dove l’accento fiorentino è più forte che mai.
Dove ci si può far raccontare un pezzo di storia della città, dove si può
assaporare un passato che oggi rischia di sparire per sempre, cancellato da un
profitto che porta a mettere il cartello “affittasi” su qualsiasi locale.
Un
consiglio? Andate a visitare il Giardino di Boboli, alle spalle di Palazzo
Pitti. Andateci al tramonto, mentre il sole colora di rosso tutta la città,
salite fino al punto più alto e lasciatevi abbracciare da tanta bellezza. Una
vista altrettanto magica (forse di più)? Dal monastero di San Miniato, su,
ancora più in alto di piazzale Michelangelo. Lì il cuore, dopo la fatica della
salita, si sintonizza su un battito che sa di pace.
Cosa serve per scoprire Firenze? Il proprio senso dell’orientamento. E se va spesso in tilt, come il mio, ancora meglio. La città parla sottovoce, lo fa ad esempio la sera durante l’ora di cena, quando i bar si riempiono e le piazze, almeno per poco, si fanno più silenziose. Per ascoltarla, per capirla, bisogna fidarsi di lei, bisogna lasciarsi guidare da lei. A scandire i passi ci pensa S. Reparata, la Campana maggiore che domina la città dalla cima del campanile di Giotto. In quei rintocchi, che fanno vibrare l’anima, c’è tutta la nostra storia.
Cosa serve per scoprire Firenze? Il proprio senso dell’orientamento. E se va spesso in tilt, come il mio, ancora meglio. La città parla sottovoce, lo fa ad esempio la sera durante l’ora di cena, quando i bar si riempiono e le piazze, almeno per poco, si fanno più silenziose. Per ascoltarla, per capirla, bisogna fidarsi di lei, bisogna lasciarsi guidare da lei. A scandire i passi ci pensa S. Reparata, la Campana maggiore che domina la città dalla cima del campanile di Giotto. In quei rintocchi, che fanno vibrare l’anima, c’è tutta la nostra storia.
Un consiglio
sull’alloggio? La casa per ferie “Borgo Pinti” delle suore oblate
dell’Assunzione. Sita nell’omonima via, la casa è presentata sul sito come “a
10 minuti a piedi dalla cattedrale di Santa Maria del Fiore”. In realtà è ancora
più vicina. Un piccolo rifugio di pace e spiritualità nel cuore pulsante di
Firenze.
“Quale è il mistero dei tetti di Firenze? (…) Provatevi a guardarli,
meditando, da Piazzale Michelangelo e da S. Miniato: è
vero o non che essi formano, attorno al duplice centro della Cupola di S. Maria
del Fiore e della Torre di Palazzo Vecchio, un «tutto»
armoniosamente unito, quasi un sistema di proporzioni geometriche ed
architettoniche che esprimono, come il «sistema stellare», ordine, bellezza,
preghiera, riposo e pace?” (Giorgio La Pira)
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