«Giacomo 30 secondi e sfumo, pronto?»
«No Alessandro, aspetta, sto cambiando
un secondo un dettaglio nella scaletta, ma è l’ultima volta promesso!»
«(sospiro
appena udibile, pausa, sorriso profondo) Diamo altri cinque secondi di sigla va
bene? Poi però parti altrimenti arriviamo al gr!».
La tua voce in cuffia poco
prima della diretta, quanto mi risuona nella testa oggi. Non posso dimenticare
quel lontano sabato mattina del 2016: la mia prima rassegna stampa di Avvenire
in radio, la prima diretta da condurre, ma soprattutto il panico. Un panico che
tu sapevi stemperare con il sorriso, con la tua voce precisa, calda, morbida,
impostata senza essere artefatta.
Indossare le cuffie significava ritrovarti
subito, con le tue indicazioni e i tuoi consigli. Mi hai accompagnato nella
scoperta della radio, svelandomi anche i segreti più misteriosi di quella sala, la sala regia,
che era il tuo vero regno. Arrivando dal corridoio si vedeva sempre una luce
accesa nella sala di regia principale, quella sulla destra. Lì era quasi
impossibile non trovarti, a ogni ora del giorno.
E cosa dire della nostra
Giornata Mondiale della Gioventù? Nostra, sì, perché abbiamo superato insieme le
16 ore di diretta al giorno. E quando non ero davanti al microfono ero seduto
per terra in sala regia, sparpagliando i giornali, abbozzando scalette,
perdendo evidenziatori, spiando la calma con la quale gestivi collegamenti
delicati e imprevedibili. Ti ricordi quella sera, finalmente a cena, in pausa
dopo 12 ore di diretta, quando dal televisore è apparso papa Francesco? Un fuori
programma, che ci ha costretti a scappare abbandonando una deliziosa pasta al
ragù appena servita, per tornare subito in radio.