Voce rubata a una dea, testi ispirati dalla Poesia ed un perfetto mix di pianoforte, archi e suoni elettronici: “Ithaca”, secondo album di Nair, è tutto questo e ancora di più. Capita spesso di comprare il secondo disco di un artista emergente, ma molto raro è trovarvi dentro una maturità artistica di questo livello.
A cinque anni di distanza da “Sunrise”, disco con il quale Nair si è presentata al mondo della musica, non si può non notare l’incredibile maturazione vocale dell’artista. Nair ruba flessibilità e grinta al pop e potenza ed eleganza alla lirica. Con grazia scivola tra canzoni più orecchiabili come “Questa è la vita”, “Oltre”, “Forte e fragile”, “Piena armonia”, e canzoni affascinanti ma decisamente molto poco commerciali, come “Tempo”, “Canto”, “Estasi”, “Stati d’animo”. Ad essere sinceri risulta molto complesso cantare tutte le sue canzoni e, per chi come me è abituato a cantare sempre (in macchina, sotto la doccia…), ci potrebbe essere una piccola delusione. Ma Nair va presa così: frizzante ed energica, come la sua musica, impossibile da imitare ed impensabile da canticchiare. Nella moltitudine di dischi e canzoni commerciali che popolano negozi di dischi e radio però, si ascolta con piacere un progetto impegnato, costato cinque anni di assenza dal mondo discografico, che sa indicare una via mai come ora importante: il valore della fatica e dell’impegno, la bellezza dell’attesa e la straordinaria magia di un risultato finale che saprà resistere al tempo.
A fatica resisto al fascino che producono su di me i dischi ed i libri che sono costati una grande e lunga fatica all’autore. Osservando i lavori di tutti quegli artisti che dedicano mesi e mesi (a volte anni) alla creazione delle loro opere, non si può che fare un passo indietro, consapevoli di avere tra le mani piccoli capolavori d’arte, capaci di resistere alle intemperie dei gusti del pubblico, della critica e del tempo.